Covid, i dati vecchi (o incompleti) che alterano il conteggio delle Regioni

di Monica Guerzoni, Simona Ravizza, Fiorenza Sarzanini Alessandro Trocino

A una settimana dal debutto, il sistema di monitoraggio alla base dell’ultimo Dpcm ha già bisogno di un tagliando. Gli esperti della cabina di regia lo hanno messo nero su bianco nel verbale delle ultime due riunioni, in cui parlano della necessità di una «verifica». E si capisce, dopo che l’incrocio dei dati su contagi, focolai, ricoveri, posti letto, tamponi, terapie intensive e indice Rt ha innescato una bufera che rende ancora più difficile agli italiani accettare le limitazioni alla vita quotidiana e alle attività economiche.
Dati delle Regioni incompleti, arrivati in ritardo o definiti «vecchi» dai governatori. Dati finiti sotto la lente degli ispettori del ministero della Salute e dati raccolti dai carabinieri dei Nas in quattro ospedali di Napoli. Un pasticcio scandito da proteste di piazza, scontri politici e istituzionali. E dire che il 4 novembre, ignaro del caos che la cartina di un’Italia gialla-arancione-rossa avrebbe scatenato, Giuseppe Conte aveva magnificato in diretta tv la scelta di dividere l’Italia in base alle fasce di rischio. A differenza della prima ondata di Covid-19, aveva spiegato il premier, il governo dispone di un piano di monitoraggio della curva «molto articolato» che si basa su 21 parametri: «Questo piano è la bussola che ci indica dove intervenire, con quali misure differenziate e ben mirate…». Otto giorni e tante polemiche dopo sembra chiaro che la «bussola» si è inceppata e i punti cardinali sono smarriti. Ora c’è l’impegno a cambiare per ripartire con il piede giusto, basandosi anche sui dati che si riferiscono al giorno precedente. Una novità sostanziale decisa dalla Cabina di regia, i sei esperti che da fine aprile elaborano per il ministero della Salute il monitoraggio settimanale sull’andamento del Covid. Ma sarà davvero così?

Bisogna cambiare i parametri

La riunione decisiva per comprendere quale sia il livello di confusione è quella del 9 novembre, ore 14.15. Si deve «classificare tempestivamente il livello di rischio in modo da poter valutare la necessità di modulazioni nelle attività di risposta all’epidemia». Quel che i sei devono fare, in sintesi, è capire quanto il virus stia correndo in quel determinato momento e la situazione degli ospedali e dei servizi di prevenzione, in modo da offrire gli strumenti necessari per mettere in campo le contromisure più adeguate. Tutti concordano che serva «un approfondimento del sistema di monitoraggio per rispondere meglio alle nuove esigenze imposte dal Dpcm del 3 novembre, in particolare valutando l’inclusione di dati più tempestivi sulle occupazioni dei posti letto in Terapia intensiva ed area medica e la possibile inclusione di allerte di resilienza ospedaliera quando la probabilità di superare le soglie critiche di occupazione dei posti letto superi il 50% nelle proiezioni realizzate a 30 giorni».

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