«A Natale rischio terza ondata», Ippolito (Spallanzani): periodo più critico sarà febbraio-marzo
di Mauro Evangelisti
«Prima di tutto dobbiamo ancora capire se si sta raffreddando la seconda ondata. Ma a gennaio dovremo comunque fare attenzione alla terza. Successe anche con la Spagnola, le ondate furono tre. E dobbiamo evitare a Natale e a Capodanno di commettere gli stessi errori dell’estate. Entro primavera partirà l’operazione per proteggere gli italiani con i vaccini, arriveranno i monoclonali. Ecco, non possiamo essere imprudenti: proprio all’inizio dell’anno prossimo potremo iniziare a controllare la pandemia». Il professor Giuseppe Ippolito è il direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani di Roma e componente del Comitato tecnico scientifico.
Quanto dobbiamo preoccuparci?
«Uno
dei grandi pericoli è il panico. Dobbiamo essere attenti e prudenti, ma
non dobbiamo cadere nel panico. La maggior parte dei pazienti giovani
con sintomi guarisce da questa malattia. E tra chi finisce in terapia
intensiva, secondo uno studio internazionale, la percentuale dei decessi
è molto alta solo dopo una certa età, il 71,3 per cento tra 61 e 70
anni, il 77,1 tra 71 e 80, l’84,4 oltre gli ottant’anni. Sgombriamo
inoltre il campo da notizie che girano: non sono state rilevate
mutazioni del virus tali da farci affermare che ci possono essere
conseguenze dal punto di vista diagnostico e terapeutico o che
incideranno sull’efficacia del vaccino».
Come siamo arrivati a una seconda ondata tanto aggressiva?
«Tutti
coloro che hanno esperienza di malattie infettive si aspettavano una
seconda ondata. Purtroppo, dopo un’estate caratterizzata dalle criticità
di certi comportamenti, è avvenuto ciò che avvenne per la seconda
ondata della Spagnola che fu associata a spostamenti e comportamenti.
Oggi abbiamo l’esigenza di far arrivare in ospedale solo chi ne ha
veramente bisogno. Ma la risposta della medicina di territorio è
risultata carente».
Si riferisce ai medici di base?
«Molti
pazienti ci raccontano che è impossibile essere visitati dal medico di
famiglia e che preferiscono andare in pronto soccorso con la conseguenza
di affollamenti e ritardi. Stiamo vivendo la stessa situazione di
pressione dell’influenza degli anni passati. Sia chiaro, conosco tanti
medici di base che fanno il massimo, ed altri che, come i colleghi
ospedalieri, sono più spesso in Tv che in reparto. Però il sistema dei
medici di famiglia va profondamente riorganizzato. C’è chi ha 1.500
pazienti e quando può visitarli a casa in un momento come questo in cui i
casi di febbre sono tanti? Certi studi sono piccoli e pieni di gente,
come si garantisce la sicurezza? Dobbiamo ripensare il sistema della
medicina di base».
Pages: 1 2