Giotto, le matite, il Pongo: un secolo di Fila. Ai bimbi bastava un foglio da colorare

di MASSIMO CUTÒ

“Ero bambina ad Agrigento, la maestra veniva ogni mattina a casa nostra. Stavo accoccolata su un tavolino basso con carta, penna e matite Giotto. Disegnavo ciò che vedevo dalla finestra e quando non avevo più spunti sistemavo i colori uno sull’altro e disegnavo quelli. Il verde era il più consumato, il bianco e il rosa i meno usati. Se spezzavo la mina, passavo avanti e indietro sul foglio il rimasuglio stretto in punta di dita. Era un esercizio di fantasia e libertà”.

Sono passati 70 anni ma Simonetta Agnello Hornby non ha dimenticato. Anzi, è partita dai ricordi personali per i suoi libri dedicati all’infanzia: un gioco senza tempo fra matite e acquerelli. Tutta l’Italia ha imparato a giocare così, tenendo in mano i pastelli Fila. Sigla che sta per: Fabbrica italiana lapis e affini, nata a Firenze il 23 giugno 1920, primo presidente il conte Giuseppe della Gherardesca. Un secolo fa. L’anno dell’apertura del canale di Panama, la prima edizione della Campionaria di Milano, la nascita di Enzo Biagi, Valeria Valeri e Federico Fellini. Proprio il maestro riminese raccontava che a Natale i genitori gli regalavano i colori Giotto, con cui scarabocchiare sui fogli per ore.

Le scatoline di cartone erano da sei o da dodici, portavano matite di 18 centimetri (a uso ufficio) oppure lunghe la metà per gli scolari. Giotto che disegna una pecora sulla pietra, mentre Cimabue alle sue spalle lo osserva ammirato. Un marchio di fabbrica. Un’icona. Un simbolo universale. Così come il giglio stilizzato e la testa nera con una matita dietro l’orecchio, creati da Sepo. La storia di un Paese e gli anni più belli della nostra vita passano attraverso una matita: il libro edito da Corraini per l’occasione, testi di Valerio Millefoglie e illustrazioni di Andrea Antinori, ne celebra oggi le tappe. Dalle origini fiorentine al trasferimento a Milano negli anni ‘40: tempo di guerra, di bombe e di crisi: Renato Candela guida il gruppo di dipendenti coraggiosi che rileva l’azienda in affanno.

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