“Tornare in classe? I ragazzi hanno ragione”. I presidi: didattica a distanza non funziona
di VERONICA PASSERI
Fanno bene gli studenti a chiedere il ritorno alla didattica in presenza, “almeno nelle regioni non rosse”, ma per salvare la scuola da “trent’anni di inefficienze” servono uno scatto e una visione. La pensa così Mario Rusconi, preside a Roma che guida dell’Associazione presidi del Lazio.
Preside si cominciano a contare proteste contro la Dad: cosa ne pensa?
“La didattica a distanza è stata molto utile nel momento dello scoppio dell’epidemia, pur rivelando subito elementi di fallacità, a cominciare dalla mancanza delle connessioni. Dispiace, però, che si sia ricorsi alla Dad adesso, in questa seconda ondata, perché si sono fatte pagare alla scuola responsabilità non sue: c’era la necessità di decongestionare i mezzi pubblici e si è scelta la strada più semplice, far stare a casa gli studenti delle superiori e delle ultime due classi delle medie. Ma che gli autobus o le metro fossero prese d’assalto in certe fasce orarie era cosa nota. Gli studenti stanno pagando per responsabilità che non sono loro ma di chi in questi anni non ha ben amministrato i servizi di trasporto pubblico. Stesso ragionamento per l’impossibilità di far rispettare il distanziamento personale a scuola: abbiamo edifici scolastici vecchi e per la metà non a norma e anche questa cosa è stata denunciata più volte”.
Hanno fatto bene, quindi, i ragazzi a far sentire la loro voce?
“Sono d’accordo sul fatto che sentano la necessità, che non è solamente didattica ma è anche sociale, di tornare in classe, c’è anche un ambito emotivo che i ragazzi giustamente rivendicano. Però manca una visione della scuola e questo non è compito degli studenti: non è che tornando in classe con un’ora di lezione tradizionale risolvo le situazioni, gli insegnanti vanno formati a fare lezione con la didattica digitale, sulla base di una strumentazione documentaristica, ma essendo anche in classe. Insomma, ex malo bonum: una volta superato il virus entrino davvero in classe anche le tecnologie digitali. Ma perché questo avvenga serve uno scatto organizzativo molto forte, ci vuole un’impalcatura che solo un governo può dare”.
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