La mano delle cosche sull’onorata sanità
Ma dagli appalti per le pulizie alla scelta dei primari, i boss hanno sempre cercato di dire la loro. Molto spesso hanno vinto. Nel documento di scioglimento della Asp di Reggio nel 2019 (tutti gli ospedali della provincia, escluso il più grande) si legge che l’azienda ha omesso di chiedere alle ditte il certificato antimafia. Non ha presentato bilanci dal 2013, molte ditte sono state pagate due-tre volte. La spesa è stata costantemente superata. Secondo Transparency International, il 70% dei casi di corruzione nella sanità si verifica in 4 regioni: oltre alla Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
Nella Piana di Gioia Tauro, per esempio, l’intreccio salute-‘ndrangheta è letteratura. C’era una volta un boss che si chiamava Francesco Macrì, detto Ciccio “Mazzetta”. Era professore di francese e girava in Rolls Royce. Dominava la Usl 27, elargiva favori e assumeva a chiamata. Il suo impero finì grazie a un grande cronista, Joe Marrazzo, alla fine degli anni ‘90. La chiamavano l’Onorata Sanità, come ha scritto la ricercatrice Adelia Pantano. Ma anche oggi certe domande e certe assegnazioni sconfinano nel grottesco: ma guarda, in questa cooperativa sociale sono tutti parenti.
Come uscirne? Rubens Curia, ora messo a capo della task-force anti Covid a Reggio, agli inizi della carriera era l’unico iscritto alla Cgil dell’ospedale di Palmi. Ha scritto un libro per Città del Sole Edizioni in cui ha raccontato non solo lo sfascio, ma la strada per uscirne. «Contro la criminalità servono competenza, trasparenza, partecipazione. Il commissario deve essere affiancato da una squadra nuova, che superi gli interessi di chi sta da anni nell’azienda sotto esame. Trasparenza è anche far conoscere le strutture che funzionano, non far scappare i pazienti. La partecipazione? Il Consultorio di Melito Porto Salvo funziona bene, è pubblico, e quindi dà fastidio: è nata una associazione di donne per proteggerlo. I pazienti cronici creano comitati di lotta. A San Giovanni in Fiore le associazioni hanno portato una unità mobile per le mammografie. Queste risposte non placano la mia rabbia, ma mi danno speranza”. La Mafia sulla salute può cadere.
In quella relazione del 2006 a Locri, fu esaminata anche la posizione di 366 medici. Di questi, ventiquattro avevano precedenti penali significativi e relazioni pericolose. Grazie oggi a quei 342 che in tutti questi anni hanno lavorato in una cornice maledetta.
REP.IT
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