Sci e Covid, la Svizzera apre le piste: «Nessun focolaio, italiani benvenuti»
Un termine prima menzionato, «focolaio», in Svizzera non vogliono sentirlo nemmeno nominare. E quindi? Quindi staremo a vedere. Saranno in vigore, e ci mancherebbe il contrario, gli obblighi della mascherina e dei distanziamenti, e un numero massimo di accessi sulle piste e approfondite verifiche ovunque, pena multe pesanti ai trasgressori (al momento sono le uniche certezze). Gli esperti degli sport invernali predicano la sicurezza sulle piste, dove uno va per la sua strada lontano dal prossimo e dunque lontano dal rischio di un contagio.
Ma nessuno può dire cosa succederà sugli impianti di risalita, nei rifugi, nei ristoranti, nei bar e via elencando. Citiamo Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Oms, che ha parlato da ultimo a Rai 3: «Ci sono anche altri modi di fare turismo montano in inverno in cui non si rischia la pelle degli altri. Mi meraviglio molto ogni volta che esce una questione come questa, perché siamo di fronte a un numero di decessi che è sicuramente un fallimento della medicina così come della coscienza sociale di tutti quanti».
Al netto delle preoccupazioni specie quelle ad alto livello, la Svizzera è pronta e tranquilla. Da giorni, hotel e centri di noleggio del materiale annunciano sensibili sconti, e naturalmente la riduzione del prezzo aumenterà in relazione alla durata della permanenza, auspicando che i turisti gradiscano e si fermino. Ci sono ribassi del trenta, del quaranta per cento. Non è soltanto un esplicito messaggio a prendere e partire. Di più.
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