Il colloquio di Renzi per convincere Conte a fare subito il rimpasto
di Francesco Verderami
Oltre la Finanziaria per il governo ci sono solo le colonne d’Ercole: temendo l’ignoto Conte non vorrebbe attraversarle. Ma se il premier tentasse di resistere alle richieste della sua maggioranza, il «cambio di rotta» sarebbe formalizzato allora in Parlamento.
Al Senato, al momento delle dichiarazioni di voto sulla legge di Stabilità, Renzi prenderebbe la parola per dire a Conte che si impone un «atto di discontinuità», che «è arrivato il momento di scrivere una pagina nuova». Se così fosse, è certo che nessuno nella maggioranza lo additerebbe come «irresponsabile», vista la sequenza di incoraggiamenti che il leader di Iv sta ricevendo da esponenti di spicco del Pd e dei Cinquestelle, che in previsione di quel momento gli sussurrano «bravo, se non lo fai tu non lo fa nessuno». «Se è il coraggio che serve — risponde sempre Renzi — posso regalarvene un po’». E comunque il «coraggio» verrebbe offerto solo previo accordo: «Non sono tipo da Papeete».
Com’è cambiato il mondo (politico) attorno all’ex premier: oggi Di Maio si perde a discutere con lui di scenari futuri, Zingaretti conclude spesso le sue conversazioni dicendo «informate Matteo», e persino D’Alema tramite Bettini lo invita alla Fondazione Italianieuropei per parlare con Amato del «cantiere della sinistra». C’è la corsa al Colle e bisogna prepararsi. Ma nel frattempo vanno superate le colonne d’Ercole del Conte 2, perché la rotta dell’esecutivo sta portando la maggioranza sulle secche. Così l’assunto in base al quale non si poteva pensare a una crisi di governo con il Paese in emergenza, è stato ribaltato: proprio perché il Paese è in emergenza, serve un governo capace di affrontare la crisi.
Ecco com’è iniziata la pressione su Palazzo Chigi. Non è solo un problema di assetti di potere, che pure è un aspetto della vicenda. E la minaccia di affrontare in Parlamento la questione, è uno strumento di deterrenza per far capire a Conte che è in tempo, se vuole continuare a reggere il timone. «Se vuole — spiega un autorevole ministro — ha ancora la forza per guidare il processo» e approdare al Conte 3. Ché poi è quanto gli ha spiegato anche Renzi in un recente colloquio riservato: «Dammi retta, ti conviene». E il premier di rimando: «Io difendo la mia squadra, poi…».
Quel «poi» svela le ambizioni di un premier che deve avere un tutor dal quale ha appreso le regole della politica, è lo sguardo preoccupato di chi sa di trovarsi tra Scilla e Cariddi e vorrebbe superare indenne le sirene e gli scogli. Ed è un modo per prendere tempo, sebbene i partiti siano già ai «preliminari» — per usare l’espressione di un esponente di governo — e discutono sulle opzioni: da quella minimale, che prevede la sostituzione di alcuni ministri, a quella che cambierebbe lo schema introducendo le figure di due vicepremier. In un caso come nell’altro — secondo più fonti — le forze di maggioranza immaginano di procedere tra Natale e capodanno o tra capodanno e l’Epifania, in base alla data in cui la Finanziaria verrà approvata in Parlamento.
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