Covid e crisi demografica: popolazione italiana sotto quota 60 milioni
È bene ricordare che il dato di cui si parla è la popolazione residente, che comprende sia i cittadini italiani sia gli stranieri registrati dalle anagrafi dei Comuni. Sul piano storico i 50 milioni di abitanti erano stati raggiunti nel 1959, poi la popolazione ha continuato a crescere sospinta prima dagli effetti del boom demografico e dall’allungamento della vita media legato al benessere e ai progressi della medicina, poi in una certa misura anche dall’immigrazione. I 60 milioni sono stati raggiunti a fine 2013; ma essenzialmente grazie ad una revisione straordinaria originata dal censimento di due anni prima, che da sola ha aggiunto oltre un milioni di abitanti. Il picco è stato toccato a inizio 2015 (60,8 milioni) e da allora è iniziata una discesa piuttosto visibile, in controtendenza rispetto al resto d’Europa almeno fino alle soglie dell’era Covid: tra il 2015 e il 2019 (i dati sono relativi al primo gennaio) il nostro Paese ha fatto registrare un calo di oltre 400 mila residenti, mentre in Spagna e in Francia sono cresciuti di circa mezzo milione e in Germania addirittura di quasi due milioni con l’ondata migratoria di metà decennio. La diminuzione della popolazione italiana non è uniforme, ma concentrata nel Mezzogiorno e nelle aree interne.
Come detto, l’intensità del fenomeno è aumentata negli ultimi mesi. A fine 2019 i residenti erano 60.244.639: in otto mesi c’è stato un crollo di oltre 250 mila unità, di cui oltre la metà nel periodo che va dal primo marzo al 31 maggio di quest’anno. All’effetto del saldo naturale, ovvero la differenza (negativa) tra nati e morti, si è aggiunto in una certa misura quello migratorio con l’estero, che a marzo e a aprile è stato negativo – seppur di poco – mentre nel recente passato compensava almeno parzialmente l’andamento di nascite e decessi. L’accelerazione in corso è resa più evidente dal confronto con le previsioni demografiche elaborate dallo stesso istituto di statistica.
Le più recenti sono quelle con base primo gennaio 2018, che arrivano fino al 2065: nello scenario mediano evidenziano una riduzione inizialmente molto lenta dei residenti, che fino al 2030 si manterrebbero al di sopra dei 60 milioni: livello che invece come abbiamo visto è già stato sfondato. Il declino sarebbe poi destinato ad accelerare, spingendo giù la popolazione a 58,7 milioni nel 2045 e a 53,8 nel 2065. Naturalmente è difficile catturare con gli elementi disponibili oggi dinamiche che si svilupperanno nei prossimi decenni. Quel che è certo è che – al di là della pandemia e dei cambiamenti che potrà portare – non sarà facile invertire la tendenza negativa della natalità. Il tasso di fecondità (numero medio di figli per donna) ha raggiunto il valore molto basso di 1,29; ma ancora di più incide in negativo l’assottigliamento delle donne in età fertile, il cui numero tra il 2008 e il 2020 si è ridotto di 1,3 milioni. È l’eredità del crollo delle nascite iniziato alla metà degli anni Settanta e terminato (ma solo temporaneamente) circa vent’anni dopo.
IL MESSAGGERO
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