Conte: «Sul Recovery Fund coinvolgeremo tutto il Parlamento. Rimpasto? Non possiamo rincorrere le ambizioni»
Il rapporto con il segretario del Pd invece era nato su basi più solide e il presidente vuole si sappia che non c’è alcun gelo con Zingaretti per la governance del Recovery: «Lo sento tutti i giorni e non è vero che non sia d’accordo sulla cabina di regia a tre. Ne avevamo parlato, c’è perfetta coincidenza». Quanto all’ipotesi di fare spazio a due vicepremier per rafforzare politicamente il governo (e tenere Conte sotto controllo), il giurista pugliese assicura che, se Zingaretti volesse entrare lui ne sarebbe felice. Ma dubita che lo voglia davvero, perché il doppio incarico farebbe scoppiare la polemica e il leader dem dovrebbe lasciare la guida della Regione Lazio.
Avanti dunque con il metodo Conte, anche se Italia viva teme un «commissariamento» dei ministri. Nella cabina di regia del Recovery, «che riferirà periodicamente non solo al Consiglio dei ministri ma anche al Parlamento», entreranno Roberto Gualtieri per il Pd e Stefano Patuanelli per il M5S. Oltre al capo del governo ovviamente, il quale oggi pomeriggio farà il punto sui fondi europei con i capi delegazione. L’organo politico del Recovery si appoggerà a una sorta di comitato esecutivo composto da sei manager, uno per ogni progetto del Piano di ripresa e resilienza: «Saranno persone con forti competenze e capacità di coordinamento — spera Conte —. Dobbiamo coinvolgere il meglio del Paese, individuando 50 nomi per ognuno dei sei team. Non certo per assegnare centinaia di incarichi, ma per selezionare esperti in grado di seguire passo dopo passo la realizzazione dei lavori». Con una novità importante: «La tecnostruttura avrà poteri sostituitivi. Se un progetto ritarda o rischia di essere realizzato male, subentrano i tecnici e commissariano l’opera».
Resta da allentare la tensione con il Nazareno. Se è vero che il Pd avrebbe voluto allargare ad altri ministri la cabina di regia, Conte ha recepito la richiesta solo in parte, concedendo che Enzo Amendola sia invitato alla cabina di regia come «referente dei progetti a Bruxelles». Un ruolo che, assicura Conte, è stato costruito assieme al responsabile degli Affari europei.
Per rispondere al centrodestra e per scacciare il sospetto che, una mossa dopo l’altra, voglia blindarsi e arroccarsi a Palazzo Chigi, il presidente promette che laprogrammazione del Piano sarà all’insegna della partecipazione: «Ci sarà un grande confronto pubblico e coinvolgeremo tutto il Parlamento. Stiamo anche pensando a un comitato di garanzia, che sovrintenda all’attuazione dei progetti e verifichi che le cose stiano andando bene». Il nuovo organo consultivo dovrebbe essere composto da dieci personalità scelte tra economisti, industriali, esponenti delle professioni e del mola nuova task force a «profili manageriali»ndo del lavoro. E sarebbe bello,aggiunge sottovoce Conte, «se questo organismo fosse nominato dal Colle». Il premier non fa nomi, ma pensa per di altissimo livello.
L’altra garanzia che il premier offre ai partiti è la determinazione a cambiare passo, come invoca il Pd. «I progetti del Recovery richiedono rapidità di esecuzione — accelera —. Non c’è nessun ritardo, siamo in dirittura finale. La Ue con la presidente Ursula von der Leyen ha messo su una struttura con la quale giorno per giorno ci stiamo confrontando. Il prossimo passaggio richiederà il coraggio di selezionare i progetti migliori e quando arriveremo alla fine saranno già stati esaminati». Questo per dire che l’Italia potrebbe persino passare avanti ad altri Paesi, che adesso appaiono in vantaggio.
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