Rimpasto di governo, i dubbi di Mattarella sui cambi di ministri: nel caso servirebbe una nuova fiducia davanti alle Camere
Durante l’estate qualcuno sognava di sfrattare Conte da Palazzo Chigi evocando un esecutivo Draghi. Oggi, caduta l’illusione di quel governissimo, o comunque lo si chiamasse, si ipotizza il rimpasto. Rispetto allo scenario di partenza, è una variante minimalista. Resta però curioso che finora nessuno ne abbia ufficialmente parlato al Quirinale, dove la questione dovrebbe per forza approdare. Ma se dalla rincorsa politico-mediatica di questi giorni si arrivasse al fatto concreto (e si scommette che possa accadere subito dopo l’approvazione della Finanziaria), cosa ne penserebbe Sergio Mattarella? E come si regolerebbe, per quanto gli compete fare a norma di Costituzione?
Avrebbe il timore, da arbitro di questo tipo di passaggi istituzionali, che le forze di maggioranza non abbiano calcolato tutti i pericoli sottintesi a una simile operazione. Infatti, lo preoccuperebbe la prospettiva che il tentativo di costruire una «ripartenza» del governo si tramuti in un azzardo, esponendo la guida del Paese al rischio di indebolirsi, anziché «rafforzarsi» come si pretende, in una fase cruciale. Senza contare che l’opinione pubblica potrebbe equivocare il senso dell’intera manovra e giudicarla magari non tanto nobile. Questo si sa delle riflessioni ultime del capo dello Stato, non per nulla fatte filtrare anche a Montecitorio e dintorni.
Certo, la decisione di un eventuale rimpasto riguarda essenzialmente la maggioranza e il Parlamento. Non, almeno in prima istanza, il capo dello Stato. Il quale tuttavia, se lo informassero di una simile intenzione, sarebbe costretto a ricordare alcune cose:
1) se si trattasse di cambiare un solo ministro, la pratica può essere sbrigata in modo indolore, con un semplice via libera del Colle;
2) se invece i ministri da avvicendare fossero diversi, tre o quattro per esempio, come si dice, si renderebbe necessario un voto di fiducia delle Camere;
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