Rimpasto di governo, i dubbi di Mattarella sui cambi di ministri: nel caso servirebbe una nuova fiducia davanti alle Camere


3) se poi si intendesse riproporre le figure dei due vicepremier, come vollero Luigi Di Maio e Matteo Salvini per sorvegliare le mosse di Conte nella breve stagione gialloverde, il voto delle Assemblee sarebbe a maggior ragione indispensabile;
4) e se, infine, si pensasse di sostituire addirittura il presidente del Consiglio — e non manca chi ci ha almanaccato sopra — il Quirinale sarebbe costretto a far dichiarare aperta la crisi e avviare subito un giro di consultazioni.

Sono pronti i partner della maggioranza ad affrontare queste prove? Credono fino in fondo alla formula in base alla quale hanno finora scelto di stare insieme e che mostra già parecchie fragilità? Hanno calcolato che qualsiasi rimpasto non è mai a somma zero, nel senso che c’è sempre chi ci guadagna e chi ci perde? Ancora: hanno considerato che è appena stato approvato l’adeguamento dei collegi elettorali, da completare entro il 31 dicembre, rendendo possibile a un Conte in affanno, di difendersi minacciando: dopo di me resta solo il voto?

Ecco alcune domande che Mattarella probabilmente si sentirebbe costretto a rivolgere a quanti lo incalzassero — adesso o dopo la pausa natalizia — per ottenere il suo avallo a un riassetto dell’esecutivo. Ci penserebbe su parecchio, dunque. Perché un «tagliando» di questo genere aprirebbe uno scenario complesso, che spalancherebbe molte incognite, in una fase delicatissima nella quale per lui bisogna semmai che tutti si concentrino a contenere il Covid e, nel contempo, a ridare un po’ di fiato all’economia. Insomma, altro che puzzle dei ministeri da scomporre e ricomporre sulla base di nuovi e provvisori equilibri politici. Da non credersi. All’Italia ora serve responsabilità e prudenza. L’ha ripetuto fino alla nausea. E se lo crederà giusto, lo rifarà…

CORRIERE.IT

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