Covid, un fiume di parole e polemiche. Così i virologi hanno confuso gli italiani

A proposito dell’omogeneità di giudizio a guidare la graduatoria di Reputation Science, espressa su una scala da 1 a 10, campeggia il nome del virologo Fabrizio Pregliasco (9,67). Più di tutti, lo specialista ha messo in guardia la popolazione sulla pericolosità del virus, richiamando con costanza le istituzioni sulla necessità di imporre misure restrittive. Un atteggiamento di massima prudenza che, su un indice di allerta, variabile da -5 a +5, lo incorona capofila dei rigoristi (+4,45), esponendolo al contempo suo malgrado a insulti e minacce social. I tre gradini più bassi nella classifica della coerenza sono occupati, invece, dagli scienziati Giorgio Palù (3,09), Andrea Crisanti (3,05) e Maria Rita Gismondo (0,75).

Sulla microbiologa del Sacco, il cui indice di allerta è negativo (-1,44), pesa come un macigno l’aver definito il Coronavirus (erano gli albori della pandemia) una “problematica appena superiore all’influenza”. Successivamente ha cercato di riposizionarsi, cadendo, però, in varie contraddizioni sia sulla virulenza del Covid-19 , sia sull’uso della mascherina. Partito da un orientamento rigorista, Palù, prima specializzazione in Oncologia e Patologia generale, nell’ultimo periodo si è fatto notare per aver affermato che il morbo è in fase calante (agosto), aver rilanciato l’idea che sia stato creato in laboratorio (settembre) e aver minimizzato sulla sua letalità (“Può uccidere, ma non è la peste”). Anche il virologo Crisanti, eroe veneto nella gestione (senza se e senza ma) della prima ondata, pur facendo il pieno di share, sbaragliando così la concorrenza (14,9% davanti a Ricciardi e Burioni), di recente ha visto appannarsi la sua credibilità. Fatale l’exploit sul sottoporsi o meno alla tanto attesa vaccinazione di gennaio.

Più volte tacciato di negazionismo, il suo avversario storico Bassetti è il leader degli scienziati fautori di un approccio meno allarmista alla pandemia (-3,42). A febbraio il direttore d’Infettivologia al San Martino di Genova ha dichiarato che il Covid-19 “non è un’infezione devastante”, due mesi più tardi stimava che il virus stesse perdendo forza. Una narrazione spesso in disaccordo con le direttive del governo, a sua volta criticabile, ma senz’altro coerente (8,02). Almeno nel suo caso.

“Dalle analisi – è il commento complessivo all’indagine di Auro Palomba, presidente di Reputation Science – emerge in modo molto chiaro come il flusso di comunicazione innescato dagli esperti sia stato eccessivo e incoerente. Stiamo vivendo un momento di forte incertezza e purtroppo stiamo assistendo a molti singoli professionisti che stanno utilizzando la ribalta mediatica per la promozione personale”. Più di un italiano aveva fiutato la tendenza. Ora ci sono anche le pagelle a confutare gli ultimi, traballanti dubbi.

QN.NET

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