Messaggi ambigui all’Unione Europea
Ma le contraddizioni dell’opposizione non possono velare la spaccatura che si protrae da oltre un anno nella maggioranza tra M5S, Pd, Iv e Leu. Sul prestito che riguarda sia la sanità sia, nell’ultima versione, il sistema bancario, e più in generale sui rapporti con l’Ue, gli schieramenti si rimescolano.
A guardare bene, sul Mes il partito di Nicola Zingaretti oggi appare più vicino a Italia viva che al movimento del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e al premier. Una sorta di inerzia euroscettica ripropone l’asse populista M5S-Lega andato al potere dopo le Politiche del 2018, con l’aggiunta di FdI, di alcuni settori della sinistra radicale e ora di Forza Italia: un fronte eterogeneo ma consistente, opposto a uno schieramento europeista minoritario. E pensare che nel giugno del 2019, l’uscita del Carroccio dalla maggioranza e le premesse del secondo governo Conte col Pd erano state anticipate proprio dal voto a favore della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Adesso, tutto sembra rimesso in discussione. Dopo mesi, riaffiorano all’improvviso sacche di resistenza date per sepolte in nome dell’esigenza di governare e di trattare con Bruxelles.
Mostrano un’Italia intrappolata in ideologie non solo dure a morire, ma tuttora vive e in grado di condizionare i gruppi dirigenti dei partiti. Riflettono un’egemonia che si nutre della cultura dell’emergenza da coronavirus; e che in suo nome piega l’intervento obbligato dello Stato alle parole d’ordine assistenziali. Il panorama di confusione e di contraddittorietà che il sistema proietta all’esterno è fatto per rendere le prossime settimane e i prossimi mesi più complicati di quanto già non siano. D’altronde, le ambiguità e i non detti hanno preparato di fatto il caos che si sta profilando. Uscirne non sarà semplice: in assenza di un segnale forte di Palazzo Chigi, il logoramento del governo è destinato ad aggravarsi in tempi rapidi.
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