Il 2020 è l’anno più brutto? «Veramente il 536 fu peggio». Morte e carestia per l’eruzione di due vulcani

di Francesca Pierantozzi

Al peggio non c’è mai fine, recitava il proverbio. Era prima del 2020. Ai terrestri che si apprestano a salutare l’anno, resta almeno la speranza di un brindisi a San Silvestro: che il peggio sia questo. Negli ultimi mesi, le analisi storiche, economiche, filosofiche e sociologiche si sono sprecate per cercare di capire, ed eventualmente relativizzare, la portata apocalittica del Venti-Venti.

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È davvero l’anno più brutto della storia dell’Umanità? Posta in modo tanto perentorio, la domanda non può che avere risposte sfumate: ovviamente no, dicono gli esperti, e dice anche un po’ il buonsenso. Chi potrebbe innanzitutto stabilire con sicurezza scientifica tale triste primato? «Il presentismo è la malattia di questo secolo, anche se comincia a mostrare le prime crepe ci dice François Hartog, storico francese, autore di un breve saggio il Covid e il Tempo appena pubblicato dal Mulino In questa ottica del tempo mediatico e informatico, secondo la quale il presente è la categoria più importante, il passato non esiste più e nemmeno il futuro interessa».

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UMANITÀ INERME
Normale dunque, che delle generazioni che considerano il presente come l’unico possibile, l’anno in corso sia il peggiore di tutti i tempi. C’è da dire che gli ultimi dodici mesi hanno reso difficile il lavoro di relativizzazione anche per chi si sforza di avere un’ottica più storica, con i suoi quasi 70 milioni di contagiati, più di un milione e mezzo di morti. L’umanità si è trovata inerme davanti a un nemico invisibile, costretta a fermarsi e a chiudersi. La crisi sanitaria è diventata economica, sociale, umana, psicologica.

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