Lavoro: 2,5 milioni di disoccupati, ma le aziende non trovano personale. Cosa non funziona?
di Milena Gabanelli e Rita Querzè
Dall’inizio della crisi l’Italia ha perso 420 mila posti di lavoro. Ma il difficile verrà a marzo, quando sarà tolto il blocco dei licenziamenti: si stima fra i 250/300 mila nuovi disoccupati che si aggiungeranno ai poco meno di 2,5 milioni di oggi. Tutto questo non farà che aumentare le persone che hanno diritto a sussidi. A giugno incassavano la disoccupazione (Naspi) 1,3 milioni di persone, altrettanti sono quelli in grado di lavorare che prendono il reddito di cittadinanza. A pagare sono i 23 milioni di occupati. Una platea troppo ristretta, pari soltanto al 58,2% della popolazione attiva. E questo perché oltre ai disoccupati ci sono anche 13,5 milioni di inattivi e scoraggiati, soprattutto giovani che non cercano un posto convinti di non trovarlo.
Un quadro che rende l’Italia particolarmente vulnerabile poiché già prima della crisi la disoccupazione sfiorava il 10%. Nell’attesa che si intervenga a monte, con investimenti che creano nuovi posti, bisogna potenziare le politiche per il lavoro: l’Italia spende l’1,53% del Pil contro il 2,15 della Spagna e il 2,66 della Francia.
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