Divieti Covid dal 21 dicembre, la fuga al Sud dei professori: «Scuole a rischio chiusura»

Per lei il problema non si pone, perché ha mantenuto il domicilio laggiù e raggiungerlo è permesso dal dpcm. Ma conosce il tormento di chi fa avanti e indietro. E, nella lettera che ha preparato per Fontana, parla di «diritto allo studio e diritto agli affetti» e di empatia. «La scuola è una comunità, le famiglie non devono sentirsi abbandonate e lo sarebbero se io lunedì mi ritrovassi senza insegnanti. Ma anche loro non devono sentirsi soli. Occorre che le istituzioni dicano a noi presidi cosa fare». La questione potrebbe riguardare molte altre scuole, che sono in difficoltà nei giorni «scoperti». La Lombardia, infatti, è una delle regioni con la più alta percentuale di docenti fuorisede. «I precari sono circa il 35 per cento del totale e chi viene da fuori è soprattutto in questa categoria — dice Tobia Sertori segretario generale di Cgil Scuola Lombardia —. Il vero tema è ciò che succederà in quei giorni nelle scuole primarie e alle medie, perché alle superiori c’è la dad.

I presidi che hanno l’organico sufficiente possono riorganizzarsi con supplenze interne. Ma come sindacato non chiediamo deroghe: nel contratto ci sono tutele sia per gli studenti che per i lavoratori. Il diritto allo studio supera il diritto alle ferie, in questo caso». D’accordo Agostino Miele, alla guida della sezione milanese dell’Associazione Nazionale Presidi. «È molto difficile che i dirigenti riescano a bilanciare i due diritti: ci proveranno sostituendo chi parte magari con personale Covid. E per chi non ci riuscirà c’è il problema della tutela dei minori che va garantita e supera il diritto al permesso. Evidentemente il legislatore, abituato a considerare le scuole chiuse, non ha tenuto conto che le scuole saranno ancora aperte. E sono due giorni che rischiano di essere deleteri». Concedere i permessi o meno? Per Augusta Celada, presidente dell’Ufficio Scolastico Regionale, «i presidi devono esercitare la funzione datoriale che gli è propria nel valutare se concederli o negarli. Per il resto, il rientro alla propria abitazione è comunque permesso».

CORRIERE.IT

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