Quattro riforme possibili
di Francesco Giavazzi
Per dare credibilità al Piano nazionale di ripresa e resilienza, il progetto del governo per impiegare i fondi europei, sarebbe utile lasciar perdere le banalità — cose certamente giuste ma che da anni i governi scrivono nei loro programmi senza poi riuscire ad attuarle — e invece dimostrare con qualche esempio concreto, meglio se scomodo, che c’è il coraggio di cambiare. Scrivere, come si legge nel Piano, che occorre «concentrare gli sforzi sulla scuola», oppure «affrontare con determinazione la riforma della giustizia civile e penale per garantire procedimenti snelli e processi rapidi» a mio avviso è controproducente, cioè rischia di ridurre anziché aumentare la credibilità del progetto. Cominciamo dalla giustizia e dall’organizzazione dei tribunali. Questi dovrebbero avere a capo persone capaci di gestire, non magistrati che spesso non sanno governare neppure le proprie udienze. Dal punto di vista organizzativo i tribunali andrebbero gestiti come un’impresa, perciò da chi sa farlo. Molte università sono migliorate separando le funzione accademiche da quelle gestionali e affidando queste ultime a persone con esperienza manageriale e che invece non hanno alcun potere nelle decisioni accademiche. Introducendo nei tribunali una figura con il potere di verificare anche solo la presenza dei giudici sul luogo di lavoro ne cambierebbero gli incentivi.
Il buon funzionamento di un ufficio pubblico non è indipendente dalla produttività dei singoli lavoratori che in esso operano, come dimostra una ricerca di Andrea Ichino che ha studiato, con Decio Coviello e Francesco Contini, la durata dei processi nell’Ufficio dei giudici di pace di una media città italiana.
Nei procedimenti civili occorre diminuire sensibilmente il numero delle udienze, mantenendo solo quelle di effettiva discussione della causa. Nel penale la rapidità dei procedimenti richiede una radicale depenalizzazione dei reati: in una società liberale il ruolo della pena deve essere marginale, cioè un’extrema ratio. Per un numero rilevante di reati non esiste ragione al mondo per doverli classificare come «penali». Per arrivare ad aspetti più semplici: a tutt’oggi le notifiche degli atti avvengono da parte delle forze dell’ordine: di solito i carabinieri. Non sarebbe venuto il momento di usare le @PEC?
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