Renzi-Conte, teatrino di crisi

Il salto di qualità è nella parola “crisi di governo”, pronunciata da un leader di maggioranza, mentre il premier è allo “storico” Consiglio europeo di Bruxelles. Evoca lo spettro dell’instabilità, l’Italietta delle coalizioni litigiose e dei governi fragili che cambiano con una certa disinvoltura. Racconta spesso Romano Prodi che una volta, dopo il suo primo vertice internazionale, l’allora cancelliere Khol, salutandolo gli chiese: “Chi verrà la prossima volta, al posto suo?”. È la stessa domanda che avrebbero potuto rivolgere a Conte oggi la Merkel o Macron, perché le parole hanno un peso, anche se tattiche, strumentali, funzionali al teatrino nostrano.

L’intervista di Renzi al Pais squaderna comunque una crisi sostanziale e, con essa, l’immagine di un premier allo sbaraglio in un contesto internazionale anche con una certa personale responsabilità, propria di chi ha coltivato più la prassi del rinvio che soluzione dei nodi politici che, non da oggi, attanagliano la sua maggioranza. È vero: le parole del leader di Italia viva non sono dissimili da quelle pronunciate al Senato qualche giorno fa. Però l’enfatica riproposizione, con toni quasi da opposizione in questa giornata, in questo contesto, e dopo che il premier sostanzialmente sulla cabina di regia ha ingranato la retromarcia, dicendosi pronto a ridiscutere tutto, rivelano che la questione va ben oltre il barocco strumento di tecnici e consulenti pensato per gestire il Recovery.

Insomma, il problema è la regia più che la cabina. Perché la situazione è, tecnicamente, fuori controllo, in una situazione in cui tutti gli attori sono in una sorta di overdose. Chi ha parlato con Renzi ha avuto la sensazione che sia gasato come nei momenti migliori, determinato, per nulla intenzionato a chiuderla in tempi brevi, perché “così non si va avanti” e il punto è tutto politico: o Conte accetta un chiarimento vero oppure andrà fino in fondo. I Cinque stelle, partito ancora di maggioranza relativa in overdose da confusione, avvitati in una discussione interna iniziata ad agosto e non conclusa neanche a Natale, tra fronde espliciti e implicito compiacimento da parte di chi non è al governo per il rosolamento di Conte. Il Pd in overdose letargica, intesa come mediazione a oltranza, tra proposte di “canali di dialogo” e suggerimenti di collegialità, che paventa il voto anticipato come deterrente nei confronti di Renzi.

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