Riscrivere il Recovery per evitare la crisi

Ma una trattativa è continuata incessantemente anche in queste ore di trasferta europea del premier, anche triangolata con Roberto Gualtieri e Dario Franceschini. Conte ha mandato un messaggio eloquente alla sua maggioranza: “Ci confronteremo con le singole forze politiche e poi collettivamente, cercheremo di capire queste notazioni critiche che fondamento e hanno quali istanze rappresentano. Ce lo diremo chiaramente, perché il paese merita chiarezza e trasparenza, a partire dal governo e dalla maggioranza”. Qualcosa in meno di una verifica di governo, qualcosa in più di un semplice giro di confronto con i partiti. L’obiettivo e cercare riprendere in mano la narrazione di un governo collegiale e sacrificare sull’altare della continuità di governo l’ambizioso piano costruito sul Recovery, o almeno parte di esso, nel tentativo di rimanere in sella.

Già, perché l’altro messaggio in bottiglia lanciato da Renzi nell’intervista al Pais è la convinzione che se il presidente del Consiglio cadesse, si andrebbe comunque al voto nel 2023 perché un’altra maggioranza in Parlamento la si troverebbe. È il capo delegazione M5s Alfonso Bonafede a rispondere: “Questo vuol dire indebolire deliberatamente l’Italia a livello internazionale. Non solo non è accettabile, ma è irrispettoso nei confronti di tutti gli italiani”. Bordate dalle quali il premier prova ad uscire offrendo una mediazione, cedendo sul punto, tentando di ricucire la tela strappata della sua maggioranza. Un tentativo estremo, perché la spallata data da Renzi non potrà non avere un qualche tipo di ripercussione, a partire dalla squadra di governo. “Ma ormai il rimpasto è la soluzione meno peggio – confida a sera un esponente di governo pentastellato – anche se Conte in passato si è dimostrato capace di venire inaspettatamente fuori da situazioni altrettanto complicate”. 

La differenza sta nella solitudine del premier. Segnali preoccupanti arrivano dal Pd, con il vicesegretario Andrea Orlando che lo derubrica a garante di una fase superata la quale bisognerà guardare oltre, e Nicola Zingaretti che, almeno in pubblico, non si è sperticato nella difesa del governo, “segno – commenta un colonnello Dem – che inizia a non voler appendere il partito alle sorti del governo, segnale che dovrebbe non lasciare tranquillo Conte”. Ma anche i 5 stelle, in totale confusione sulla mossa di Renzi, mostrano ampi segnali di insofferenza. Per dirla con un loro esponente di governo, “il capo di Iv ha capito che questo era un punto sul quale non gli si può dare torto, almeno non del tutto, e da grande tattico qual è, fiutata l’aria, ha deciso di andare fino in fondo”.

Il premier è sotto una pressione enorme. Tornato da Bruxelles si è concesso qualche ora di riposo, dopo una notte insonne di trattative al Consiglio europeo e dopo giorni di massima tensione in Italia. Già dal fine settimana è probabile che inizi una girandola di incontri con i partiti e vertici con i capi delegazione, mentre si continua a vociferare di un incontro tra i leader dei partiti che non trova conferme alcune, e che, in mancanza di un accordo prima, potrebbe esasperare ancor più la situazione. Riscrivere il Recovery plan per schivare la crisi sarà il leit motiv delle prossime ore. E non è detto che possa essere sufficiente.

L’HUFFPOST

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