Quando il potere (centrale) è debole

di Ernesto Galli della Loggia

Ogni giorno di più lo stato di emergenza prodotto dall’epidemia di Covid mette in luce il dato centrale della crisi italiana: la debolezza del comando politico e dei suoi apparati. Non è un caso. Proprio nella misura infatti in cui l’epidemia accresce enormemente l’ambito dei poteri della politica, portandolo a limiti finora impensabili (oggi essa decide perfino la possibilità dei cittadini di muoversi sul territorio), con eguale intensità si manifestano inevitabilmente i sintomi della strutturale mancanza di autorità e di efficacia della politica stessa, dell’inefficienza e del marasma che insidia i suoi organi. La crisi italiana del comando politico si esprime in tre momenti principali.

a) La debolissima legittimazione del governo. Innanzi tutto, come si sa, a norma di Costituzione, il presidente del Consiglio italiano non è un vero premier ma all’incirca un semplice primus inter pares. A meno naturalmente di non avere una propria forte caratura politica. L’avvocato Giuseppe Conte non ce l’ha ma cerca di procurarsela con l’aiuto delle straordinarie opportunità offertegli dall’epidemia. Al prezzo però di forzature, colpi di mano, personalismi, produzione di discorsi e documenti tanto lunghi quanto insignificanti, di rinvii e/o indebiti tentativi accentratori, che tutti insieme sortiscono l’effetto finale di mandare in tilt l’intera attività di direzione del Paese. A ciò si aggiunge la congenita debolezza del solito governo di coalizione, con l’inevitabile corredo di ricatti, di contrattazioni estenuanti e di compromessi al ribasso. Una debolezza aggravata stavolta dal trattarsi di una coalizione tra un partito, i 5 Stelle, la cui metà circa dei rappresentanti parlamentari oggi rappresentano verosimilmente solo se stessi, e un altro partito, il Pd, il quale, benché reduce dalla più grave sconfitta elettorale della sua storia recente, però governa egualmente grazie alla dabbenaggine della destra salviniana. Che capacità e autorità di direzione possono esprimere una leadership e una maggioranza simili?

b) La progressiva evanescenza della macchina amministrativa. Una lunga serie di riforme sciagurate (si veda in proposito quanto scrive da anni Sabino Cassese) ha di fatto smantellato la Pubblica amministrazione. Non sostituendo il personale andato in pensione, ricorrendo a dismisura al precariato, procedendo a improvvidi decentramenti, decretando insulse autonomie (ad esempio nel campo dell’istruzione), creando cosiddette Autorità competenti per ogni cosa, dando vita di continuo a «cabine di regia», a «task force», commissari e Commissioni varie, i governi succedutisi negli ultimi trent’ anni hanno sottratto alla PA poteri e competenze. Ne hanno mortificato qualunque professionalità. Ne hanno spento lo spirito e la vocazione. Cosicché oggi il potere centrale italiano si trova virtualmente privo di un’incisiva capacità di monitoraggio e di controllo sul territorio attraverso le proprie reti istituzionali, e a maggior ragione di possibilità d’intervento. Ormai, in pratica, in mano al governo non è rimasta che la rete delle prefetture, le quali infatti vengono sempre più caricate dei compiti più diversi.

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