“Non chiamateci geni”. Viaggio nel laboratorio Oxford del vaccino anti Covid

MUSTAPHA BITTAYE/ UNIVERSITY OF OXFORD/ SARAH

By Jasmin Gray 

Quando ha ricevuto la notizia, la dottoressa Amy Flaxman ha pianto di gioia.

«Sono scoppiata subito a piangere. È stato un sollievo. È stata un’emozione. Tutti noi abbiamo lavorato strenuamente per arrivare a quel momento».

La notizia dell’estrema efficacia del vaccino anti-Covid sviluppato dall’università di Oxford è finita su tutte le prime pagine del mondo. Ma per Flaxman, immunologa del team che ha contribuito alla creazione del vaccino, la scoperta porta con sé una soddisfazione in più.

«Naturalmente, abbiamo lavorato tantissimo sull’aspetto della sicurezza», ha rivelato a HuffPost UK. «La domanda successiva, va da sé, riguardava l’efficacia del vaccino. Confermata anche quella, ho tirato un sospiro di sollievo».

La corsa al vaccino anti-Covid ha avuto inizio sin dalle primissime fasi della pandemia. In tutto il mondo, interi di team di scienziati hanno mollato tutto, messo da parte per un momento i propri progetti, e si sono prefissi un obiettivo molto chiaro: trovare una vaccinazione in grado di fermare il virus che ha messo in ginocchio le nostre vite.

E l’università di Oxford, insieme al partner AstraZeneca – colosso farmaceutico britannico-svedese – è da sempre in prima linea sul fronte della ricerca. 

Col sostegno di fondi governativi, per un totale di 65,5 milioni di sterline, gli scienziati del Jenner Institute e dell’Oxford Vaccine Group hanno unito le forze per una sfida che necessita dell’aiuto di tutti, e che per dimensioni e portata rappresenta una rarità per il famoso ateneo universitario. 

In tempi normali, si lavora spesso individualmente su trial clinici distinti, mentre alcuni team più grandi si occupano di malattie come la malaria, spiega il dottor Sean Elias, assegnista di ricerca. Ma nella battaglia contro il Coronavirus, “abbiamo tutti unito le forze”

“In tantissimi non riuscivano a capacitarsi dell’esistenza della pandemia”, afferma. «Ma chi lavora nel campo delle malattie infettive e dello sviluppo dei vaccini ha sempre saputo dei possibili rischi».

“Non ne avevamo previsto l’arrivo necessariamente in questo periodo storico, ma di certo eravamo già consapevoli delle circostanze in cui ci saremmo ritrovati qualora fosse successo”.  

Tuttavia, questa consapevolezza non è servita ad attenuare le richieste, talvolta pressanti, che derivano dal lavorare su un vaccino tanto atteso, mentre il numero di morti continuava a salire.

L’unica via d’uscita chiara dalla pandemia era un vaccino, cosa che sapevano tutti. Dunque, eravamo ben consapevoli della nostra responsabilità.

Dr. Mustapha Bittaye

Finora, solo nel Regno Unito, più di 1,76 milioni di persone sono risultate positive al Covid-19 – e più di 65.500 hanno perso la vita a causa di un virus di cui, fino all’inizio di quest’anno, si sapeva ben poco.

Il trial clinico del vaccino è stato “molto più concitato” dei precedenti studi condotti al Jenner Institute, afferma l’immunologa Amy Flaxman, che ha lavorato anche sull’ebola e sugli studi clinici sull’influenza.

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