“Non chiamateci geni”. Viaggio nel laboratorio Oxford del vaccino anti Covid

“In passato abbiamo già lavorato sulla sperimentazione contro la MERS e, nella fase iniziale, avevamo solo 24 partecipanti”, dice. “I trial per il Covid contano centinaia di migliaia di partecipanti, pertanto la portata generale è stata molto più grande”.

Quando il trial è partito, sono stati tutti chiamati in causa. “Tra marzo e aprile abbiamo assistito a un cambiamento radicale in laboratorio”.

“È stato un lavoro di grande fatica ma, il più delle volte, dal momento che ciascun team si è occupato di un singolo aspetto, abbiamo agito in armonia e siamo andati avanti”.

Amy
Amy Flaxman

Tutto questo si è tradotto in sveglie all’alba, nottate di lavoro e week-end in laboratorio, e alcuni hanno lavorato anche per dieci giorni di fila senza un giorno di riposo.

“Nelle prime fasi della sperimentazione, c’era chi lavorava fino a molto tardi”, ammette Elias. “Credo che alcuni abbiano lavorato anche fino alle tre di notte”.

Tra i ricercatori si è creato un grande senso di responsabilità, ha spiegato il dottor Mustapha Bittaye, assegnista di ricerca.

Nel caos generato dalle conseguenze inaudite del contagio da covid-19, gli scienziati si sono ritrovati in una vera e propria corsa contro il virus, afferma. “L’unica via di uscita chiara dalla pandemia era un vaccino, come sapevano tutti”.

“Dunque, eravamo ben consapevoli della responsabilità. Si tratta di un virus molto contagioso e mortale.”

Bittaye aggiunge: “Sapere che quello che fai porterà beneficio all’intera società ti fa rimanere concentrato, e rende il tutto molto più intenso”.

Ad accrescere questa pressione c’era la consapevolezza che, in caso di Covid-19 tra i membri del team, l’intero trial avrebbe subito una battuta d’arresto. 

“Lavarsi le mani è una norma che si segue sempre e comunque in un laboratorio”, spiega Bittaye. “Ma in casi come questi c’è anche la consapevolezza che, se anche un solo collega contrae il virus, l’intera squadra è tenuta a isolarsi. Quindi siamo stati molto più scrupolosi e attenti”.

Come in molti altri luoghi di lavoro, indossare la mascherina, rispettare il distanziamento ed evitare che le diverse squadre si incrociassero è stato fondamentale.

Ma per Bittaye c’è un aspetto particolarmente degno di nota: nonostante l’enorme impatto della pandemia sul mondo, il suo lavoro è stato in buona parte simile a ogni altro trial – solo su più ampia scala. 

“A dire il vero, ciò che mi ha colpito del lavoro su questo trial è che in fondo non si tratta di qualcosa che non abbiamo mai fatto prima”.

Fra le sue tante responsabilità c’era anche la conduzione dei test degli anticorpi sui campioni dei volontari, compito portato avanti anche da Flaxman in quanto parte integrante del suo ruolo sfaccettato. 

“In passato, non ho mai avuto la certezza che tutto ciò a cui stavo lavorando fosse una sorta di “riscaldamento” per qualcosa di più grande”, ha ammesso.  

Sean
Sean Elias

Agli occhi delle persone che ci hanno lavorato con massima concentrazione e dedizione in questi ultimi mesi, i risultati del trial del vaccino di Oxford assumono un’importanza difficile da quantificare.

Il 23 novembre, l’Università di Oxford e AstraZeneca hanno pubblicato i tanto attesi dati sull’efficacia del loro vaccino – notizie che hanno conquistato le prime pagine di tutto il mondo.

I risultati dello studio hanno indicato un’efficacia media del 70%,  numeri che salgono fino al 90% quando ai volontari è stata somministrata metà dose del vaccino durante la prima delle due iniezioni previste.

In molti pensano che ci sia stata una sorta di illuminazione collettiva quando le persone coinvolte nello studio si sono rese conto o sono state informate dell’efficacia del vaccino, ha spiegato Elias, che durante la pandemia si è dedicato al public engagement e alle relazioni con i media.

Ma in realtà, solo i responsabili più anziani del progetto conoscevano i numeri prima che venissero resi noti.

“Quel giorno, ho scoperto dell’annuncio dei dati sull’efficacia alle otto del mattino grazie alla mia fidanzata che, svegliandomi, mi ha detto: ‘I dati sull’efficacia sono stati annunciati’. Ho controllato il telefono e ho capito che dovevo correre al lavoro il più in fretta possibile”, scherza.

“La maggior parte di noi – eccetto i più alti in livello e i responsabili delle comunicazioni – lo ha scoperto quella mattina stessa. È stato entusiasmante.

“Ovviamente avevamo delle indicazioni e alcuni dei dati, ma le informazioni più segrete sono state ben custodite tra i membri del team principale, quindi non ci sono stati problemi di fughe di notizie o simili”.

Mustapha
Mustapha Bittaye

Anche per Bittaye quel momento è stato caratterizzato da un “sospiro di sollievo”. “Col senno di poi, è stato un momento importantissimo per tutti. Non ho mai immaginato di poter essere coinvolto in qualcosa di simile nel corso della mia carriera.”

Quattro giorni dopo la pubblicazione dei risultati, il governo ha chiesto all’autorità del farmaco del Regno Unito di decidere se il vaccino sviluppato dall’università di Oxford potrà essere distribuito

Adesso, ricercatori e scienziati sono in attesa di scoprire se verrà autorizzato – e se il vaccino che nel corso del 2020 hanno creato e testato con tanto duro lavoro cambierà la storia insieme alla vaccinazione Pfizer/BioNTech, somministrata per la prima volta martedì scorso.

Ma se c’è una cosa che Bittaye vuol chiarire a proposito del gruppo che ha lavorato al vaccino di Oxford è che non è composto da geni, ma da persone appassionate e decise ad aiutare gli altri.

“Ritengo sia importante ascoltare la voce di chi lavora ai vaccini e condividerne le storie”, sottolinea. “Sono storie che saranno di fondamentale ispirazione per quanti vogliono intraprendere una carriera nelle scienze, ma anche soltanto per credere in sé stessi”.

“Si tratta di passione, non di genio. L’unica cosa che abbiamo in comune è la passione per quello che facciamo e come disse Galileo: “La passione è la genesi del genio”.

“Dunque, se una cosa vi appassiona davvero, l’unico limite è il cielo. Potrete fare tutto quello che desiderate. Non siamo un mucchio di geni che si riuniscono per sviluppare qualcosa.

“Siamo un gruppo di individui appassionati, con un solo obiettivo: consegnare un vaccino in grado di porre fine a una pandemia che ha colpito tantissime vite, e tantissimi redditi, in tutto il mondo”.

L’HUFFPOST

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