Il Governo salva ancora Mediaset
È proprio in virtù di questo rischio che il Governo, appena venti giorni fa, ha dovuto blindare lo scudo salva-Mediaset nel decreto Covid. La norma obbliga l’Agcom ad avviare un’istruttoria per accertare se i comportamenti di Vivendi creano effetti distorsivi o determinano una posizione lesiva del pluralismo nel mercato delle telecomunicazioni. Questo perché i francesi operano nel Sic, il sistema introdotto in Italia con la legge Gasparri e che tiene dentro tv, radio, giornali, cinema e altri asset strategici come le sponsorizzazioni sportive. E l’indagine – dice sempre la norma – deve essere attivata proprio nei confronti dei soggetti che hanno posizioni importanti all’interno di questo grande mercato. Vivendi è uno di questi: ha mano il 23,9% di Tim e il 28,8% di Mediaset. L’indagine dura sei mesi e sono mesi in cui la scalata verrebbe quindi congelata. Con la norma anti-scalata, quindi, l’eventuale decisione del Tar di riabilitare le quote congelate di Vivendi dentro Mediaset verrebbe bloccata. Ma la norma va attivata, l’indagine deve partire. E partirà prima della pronuncia del tribunale amministrativo.
Il combinato disposto di tutti questi elementi permette al Governo anche di guadagnare tempo in vista di una riforma della Gasparri che è comunque inevitabile dopo il pronunciamento della Corte di giustizia europea del 3 settembre. In quella occasione, infatti, la Corte stabilì che Vivendi poteva restare in possesso ed esercitare il suo 28,8% dentro Mediaset. In pratica fu sconfessata la decisione dell’Agcom, che proprio in base alla legge Gasparri aveva imposto ai francesi il contrario, cioè a dover scegliere tra Tim e Mediaset e quindi al congelamento di gran parte delle quote possedute dentro l’azienda di Berlusconi.
Ma nonostante la norma salva-Mediaset e l’intervento atteso dell’Agcom con l’avvio dell’istruttoria, la rivoluzione avviata dalla decisione della Corte non può essere fermata. Il 3 settembre è caduto il principio dei paletti tra le partecipazioni incrociate possedute da Vivendi come dagli altri colossi delle tlc. Il liberi tutti impone nuove regole di gioco. Tra l’altro proprio oggi il Consiglio di Stato ha annullato la delibera della Consob che inquadrava la quota di Vivendi dentro Tim come una quota di controllo. È un altro elemento che indebolisce il quadro che fino al 3 settembre aveva tenuto Mediaset al riparo dall’assalto dei francesi. Il congelamento di sei mesi si rivela anche qui precario. Ma tant’è. Intanto può calare lo scudo su Mediaset. E poi nell’eterna sfida con Vivendi conta tutto. Come la chiusura delle indagini avviate nel 2016 dopo la denuncia di Mediaset per il mancato acquisto da parte dei francesi di Premium e il tentativo di scalata. Bolloré e l’amministratore delegato del gruppo Arnaud de Puyfontaine sono indagati con l’accusa di manipolazione del mercato e ostacolo all’esercizio delle funzioni di autorità pubblica di vigilanza. Ma a ribaltare nuovamente gli equilibri c’è il bello e il cattivo tempo che Vivendi, attraverso la quota detenuta in Tim, può fare su un’altra partita cruciale: la rete unica. Si chiamano incroci pericolosi.
L’HUFFPOST
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