Covid Veneto, si teme un cedimento: «Ospedali al limite»
di Andrea Pasqualetto inviato a Treviso
Le persone morte per il Covid-19 a Schio (foto dal Giornale di Vicenza)
All’obitorio di Montebelluna le salme non ci stavano più e le hanno spostate in un paesino della zona. «Siamo al collasso», urla il sindacato dei medici ospedalieri agitando così lo spettro di Bergamo. «Ma no, qui non ci sono camion dell’esercito e nessuno viene lasciato morire. Il problema e che convergono i pazienti di un altro ospedale», getta acqua sul fuoco il direttore generale dell’azienda sanitaria trevigiana, Francesco Benazzi. Questa è terra ad altissimo contagio, ragione per cui anche i funerali devono attendere perché i parenti non possono uscire di casa. I morti però sono troppi e spaventano.
Chirurgie a ritmo ridotto, «più ricoveri che a marzo e ad aprile»
Un centinaio di chilometri più in là, a Verona, stanno invece liberando frettolosamente decine di posti nelle terapie intensive: «Calerà l’attività ordinaria, prevalentemente chirurgica, per fare spazio ai Covid», sospira il direttore dell’azienda ospedaliera, Francesco Cobello, smentendo però la testimonianza choc di un infermiere che parlava di «caos e morti in corridoio». Poi c’è Schiavonia, in quella Bassa Padovana teatro dei primi casi e salita a esempio di efficienza nella lotta al virus, dove scuote la testa il primario di Anestesia e rianimazione, Fabio Baratto: «Sono molto preoccupato perché ho più ricoveri di marzo e aprile, manca il personale e quello che c’è è ridotto allo stremo. Devo dirlo, purtroppo: stiamo dando segni di cedimento».
Picco di contagi e di decessi
Treviso, Verona, Padova. Ma in Veneto il problema è generale e la gioiosa macchina della sanità che aveva superato brillantemente l’esame della prima ondata, è in frenata. A certificarlo sono i numeri: ieri la regione ha sfornato i peggiori d’Italia su contagi (3.324) e decessi (165), superiori anche a quelli della Lombardia, da sempre la pecora nera nazionale. «Siamo noi la nuova Lombardia», dicono i pessimisti. Per i morti si tratta di un picco, che potrebbe anche aver risentito dell’effetto sommatoria del fine settimana ma che lo stesso governatore Luca Zaia non esista a definire «pesante»: «Sì, situazione pesante, con più di tremila ricoverati. È come se quasi sette ospedali grandi di provincia fossero orientati Covid. Evidentemente non abbiamo più paura di morire…».
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