Covid Veneto, si teme un cedimento: «Ospedali al limite»

«Frangia consumista di incivili»

Zaia ce l’ha con la «frangia consumista di incivili» che ha preso d’assalto le città. Ma al tempo stesso cerca di preservare fatturati di ristoratori, baristi, albergatori, e condanna chi vorrebbe fermare le attività: «È facile dire chiudiamo tutto con il portafoglio degli altri». Da una parte striglia chi si ammassa nei locali, dall’altra difende chi li apre, camminando sul filo della nuova pandemia come un equilibrista e sperando forse che a imporre le restrizioni sia il governo.

«Il mondo produttivo è quello che infetta di più»

Ma ci sono i risultati di uno studio chiesto dalla Regione che sembrano non lasciare dubbi su quanto sta succedendo in questo territorio. Ne ha ha parlato ieri Francesca Russo, medico e capo del dipartimento di Prevenzione della Regione, un po’ la regista del modello veneto e da sempre schiva con i media: «È stato considerato il tasso medio di mortalità deli ultimi tre anni. L’eccesso rispetto a questa media si è attestato al 38% tra la fine di marzo e l’inizio di aprile. Durante l’estate è sceso drasticamente, nei primi 15 giorni di novembre è salito al 32% e nella seconda metà dello stesso mese ha toccato il 44%». La fascia più contagiata è quella compresa fra i 25 e i 64 anni, 75 è l’età media dei ricoveri e la mortalità si alza a partire da quella soglia. Conclusione: «Il mondo produttivo è quello che si infetta di più e fa da vettore per gli anziani che finiscono in ospedale e talvolta muoiono».

Il paradosso della zona gialla

Se la situazione è dunque questa, per quale ragione il Veneto continua a rimanere zona gialla? È un fatto di parametri, di indici, sui quali incide naturalmente la percentuale di occupazione delle terapie intensive. Ci sono mille posti disponibili, secondo la Regione, e 588 ricoverati, un 58%, livello che sembra tranquillizzare. «È un numero dopato, la verità è che gli ospedali in alcune aree sono vicini al punto di rottura», accende la miccia Adriano Benanzato, segretario del sindacato dei medici ospedalieri. «Nessun trucco — replica Paolo Rosi, coordinatore delle terapie intensive del Veneto —. Possiamo arrivare a quel numero di posti letto, considerando quelli predisposti anche se normalmente non sono funzionanti e quelli riconvertibili di altri reparti». Benanzato non ci sta: «Riconvertibili? Ma come fai a raddoppiare i posti se già ora mancano i medici?». Senza considerare che un paziente su due, in terapia intensiva, ci lascia le penne.

Il rialzo dei necrologi

Al di là di qualsiasi discussione, rimangono le croci. E rimane un parametro che non sarà molto scientifico ma è significativo: i necrologi. Sul Giornale di Vicenza, altra provincia ad alta diffusione, normalmente ne faceva un paio di colonne, ora è a una pagina e mezza. Che comunque non sono le dieci stampate dall’Eco di Bergamo nei giorni neri della pandemia. «Ma bisogna dire che i nostri necrologi hanno un costo e di questi tempi la gente tende a risparmiare — spiega Marino Smiderle, caporedattore del quotidiano —. Quelli affissi ai cimiteri, come a Schio, però non mentono. E lì sono molti di più».

CORRIERE.IT

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