Crisi ormai irreversibile. Un governo per uscire dal pantano

di PIERFRANCESCO DE ROBERTIS

Verifica”, “cabina di regia”, “rimpasto”, “crisi pilotata”. Manca solo il “preambolo” e poi l’alfabeto della prima repubblica è completo, senza però gli stessi attori in campo e senza che funzioni allo stesso modo un sistema che con la sua solidità ha in passato retto nel bene o nel male i destini del Paese. Quella che una volta era silenziosa operosità di una macchina usa a marciare allo stesso passo anche con manovratori diversi adesso si è trasformato in un immobilismo stanco e litigioso che il Paese non può più permettersi e che il solo perdurare dell’emergenza non può più giustificare.

E sono gli stessi protagonisti della maggioranza ad ammetterlo, se è vero che da settimane gli stati maggiori di Pd e Cinquestelle – non il “Pierino” Renzi – non fanno altro che spiegare quanto sia utile “una ripartenza”, “un nuovo slancio”, un “colpo d’ala”. Se continuano a ripeterlo, vuol dire che ancora non l’hanno fatto.

A forza di invocare “rilanci” il governo è quindi entrato in una crisi di fatto. Il Conte-Casalino ha ancora la fiducia parlamentare ma non quella sostanziale, e sarebbe troppo facile adesso addossare la colpa di tutto a Renzi.

L’ex premier stavolta non ha fatto che tirare le somme di una situazione che non era stato lui a creare: quando Conte espropria non il parlamento ma la sua stessa maggioranza di poteri fondamentali quali il controllo su 209 miliardi di spesa e sui servizi di sicurezza è lui per primo a sfiduciare il governo. È questo che ha fatto cascare tutto, e proprio per questo adesso appare difficile rimettere insieme i cocci: puoi continuare a sederti al tavolo con chi fino al giorno prima ha cercato di metterti da parte?

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