Covid, le vite parallele di «Dotto» e Nicola Sansipersico, i gemelli carabinieri sconfitti solo dal virus

di Giusi Fasano e Alessandro Fulloni

Covid, le vite parallele di «Dotto» e Nicola Sansipersico, i gemelli carabinieri sconfitti solo dal virus

Il virus si è portato via Michelangelo, «Dotto», martedì notte all’ospedale di Bari. E suo fratello Nicola era stato stroncato, sempre dal Covid, il 28 marzo a Voghera, nel Pavese. Quella dei gemelli Sansipersico, 56 anni, entrambi sposati ed entrambi con figli, è stata una vita condotta fianco a fianco, nell’Arma. Dal giuramento alla scuola per allievi carabinieri a Campobasso — era il 1982 — al corso sottufficiali tra Velletri e Firenze, l’anno successivo. E ancora accanto i fratelli lo sono stati nei primi servizi operativi alla Legione Lombardia. Due con gli alamari della Benemerita nel Dna e un curriculum interminabile, arricchito in prima linea. Nella «Milano da bere» della stagione che precedette «Mani pulite» Michelangelo era stato uno degli investigatori fidati di Sergio De Caprio, il «capitano Ultimo», l’ufficiale che poi il 15 gennaio 1993 arrestò a Palermo il boss dei boss Salvatore Riina. Proprio Ultimo, sulla sua pagina Facebook, ricorda il maresciallo con il suo nome di battaglia, «Dotto»: che «ha combattuto con onore sulla strada, accanto a noi, con coraggio, senza nulla chiedere. Lo onoriamo con la nostra vita. Lui combatte, lui vive». Poi altre parole dedicate a Nicola, che De Caprio conosceva bene. Solo due, eccole: «Sempre assieme».

I 18 carabinieri uccisi dal Covid

E ora c’è commozione al comando dell’Arma — dove segnalano anche i 18 carabinieri uccisi dal Covid e i 6.300 complessivamente contagiati — nel ricordare le vite legate e parallele dei due colleghi gemelli che solo dopo «gli anni condivisi nella stessa caserma del capoluogo lombardo presero strade differenti». Nicola Sansipersico — in congedo dal 2018 e padre di una figlia — divenne comandante di stazione a Voghera, «l’incarico più importante e carico di responsabilità — sottolineano — che può raggiungere un maresciallo nella sua carriera». «Nicola mi invitava a prendere un caffè, mi aiutava a capire cosa succedesse in città parlandomi con la sua aria fintamente burbera: un pezzo di pane che nella sua posizione sapeva di dovere essere un po’ più duro» rammenta Paolo Fizzarotti, cronista di nera e giudiziaria alla Provincia Pavese che ancora piange al pensiero di quel suo amico in divisa «che come tanti altri uccisi dal coronavirus non ha avuto nemmeno il conforto di un funerale».

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