Anche la crisi di governo va in lockdown
Il clima proprio non c’è. E neanche l’affascinante coreografia di una crisi degna di questo nome, fatta di incontri, più o meno clandestini, falchi, colombe, pontieri e pompieri, movimenti, dichiarazioni preparatorie, titoli e sottotitoli. Dopo ampia ricognizione delle fonti, telefonate informate e approfondimenti del caso, il cronista arriva alla conclusione che anche la crisi di governo, paventata e minacciata a giorni alterni, va in lockdown. Magari non proprio in zona rossa, ma arancione sì. Almeno fino a Capodanno.
Certo Renzi si presenterà all’incontro con Conte giovedì mattina con un suo documento, un’agenda, diciamo così, “polemica” che non prevede cabine di regia, ma una severa richiesta di una regia, chiederà di ridiscutere tutto con maggiore serietà sul Recovery – risorse, allocazione, strumenti – a partire dalla sanità, pronuncerà la parola Mes, la più divisiva di tutte, eccetera, eccetera, però l’atto, quello vero, al momento, non è previsto. Perché, al netto dei titoloni, e il leader di Italia viva è bravissimo nel giocare sul filo della simulazione e della dissimulazione, il gesto che di fatto renderebbe il gioco duro è uno e uno solo: il ritiro della delegazione dei ministri dal governo. Non sarebbe l’apertura formale della crisi, ma e lì che si capisce se il gioco di fa serio oppure no.
Immaginate la scena, dopo un lungo e sofferto incontro: “Signori, abbiamo sempre detto che siamo qui per la politica, non per le poltrone. E la politica dice che le condizioni per una nostra permanenza nel governo non ci sono più, il che non significa che lasciamo la maggioranza, in questo momento delicato per il paese. Continueremo a sostenere i provvedimenti che ci convincono, ma ci rimarremo in modo autonomo, valutando di volta in volta ciò che riteniamo utile per gli italiani”. Insomma, mani libere, segno di una grande forza politica e morale propria di chi ha il controllo della situazione e non teme di perderlo.
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