Dpcm e ristori, per bar e ristoranti l’indennizzo copre solo parte dei danni: la serrata costerà 7 miliardi

Ci mancava il Natale in modalità zona rossa. «Al centro in via Frattina subiamo la mazzata della mancanza del turismo, siamo al 50% in meno. I negozi rionali come all’Eur, Marconi e Parioli hanno subìto molte meno perdite perché hanno la clientela nella zona. Anche a Ottaviano una bella batosta, viveva di tanto turismo. A Cola di Rienzo registriamo un -30%, il negozio vive dei romani. Certo, ci hanno tolto gli acquisti dell’ultima ora, giornate importanti, ma si spera di riuscire ad ammortizzare. A Pasqua è stata una catastrofe, un bagno di sangue, abbiamo regalato migliaia di colombe e uova a tutta Roma». (Raffaella Troili)

La ristorazione

A sentirla parlare si percepisce un misto di rabbia e indignazione. Caterina Marchetti è nel suo ristorante “Il Ceppo”, storico locale di Roma nord aperto dal 1968. «Considero allucinate quanto accaduto, con un’indicazione data lo scorso 3 dicembre in cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava senza esitazione l’apertura dei ristoranti solo per il pranzo nei giorni di festa del Natale e ora tutto cambia». In queste due settimane la signora Marchetti non è rimasta con le mani in mano. «Tutti gli anni – dice – siamo aperti per il pranzo del 25 dicembre e pur con le riduzioni dei coperti già il 4 dicembre avevo 65 prenotazioni, ero al completo a tal punto che ho dovuto dire di no a molti clienti». Ora quei tavoli, che pure i suoi 14 dipendenti richiamati dalla cassa integrazione avevano iniziato a sistemare e a imbandire, resteranno vuoti. Le luci del locale spente e la cucina chiusa.

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«Non sono una negazionista – prosegue la titolare de “Il Ceppo” – l’emergenza c’è, io stessa ho avuto il Covid dentro casa ma il problema doveva essere affrontato con maturità e serietà». L’incertezza che ha tenuto banco fino a poche ore fa non cancella gli sforzi fatti per arrivare a poter lavorare il 25 dicembre ma anche a Santo Stefano e poi nel primo giorno dell’anno nuovo. I contraccolpi sono molteplici. Economici in primis «ma anche umani perché avevo clienti che venivano a pranzo a Natale da soli perché sono soli e ora lo saranno ancora di più». Finanziariamente «questo Natale non avrebbe colmato quanto perso durante gli ultimi mesi ma solo per arrivare a servire il meglio della nostra cucina – prosegue ancora la signora Marchetti – dovremo disfarci di moltissimi prodotti che non possono essere congelati». Va in fumo una spesa di «almeno 10-15 mila euro senza contare che avevo naturalmente previsto il rientro di molti dipendenti che sono già venuti a lavorare in questi giorni per preparare il locale ma anche i piatti, abbiamo fatto i tortellini a mano come sempre». Oltre «al danno anche la beffa – conclude la titolare dello storico ristorante – perché bastava non dire il 3 dicembre scorso che saremmo potuti restare aperti, che al contrario si doveva aspettare qualche giorno, capire giustamente l’indice dei contagi e decidere. Serviva maturità e invece ci troviamo in una situazione indegna». (Camilla Mozzetti)

L’abbigliamento

Gianni Battistoni, presidente dell’Associazione dei commercianti di via Condotti, è a casa con il Covid. «Io sono fuori gioco – dice rassegnato – ma sono anche spaesato da queste misure altalenanti. Prima ci fanno stare aperti, poi però se viene gente bisogna chiudere. Si confonde l’affluenza in centro, lo struscio, con la portata reale di chi vuole venire ad acquistare, che sono molto pochi». In effetti l’invasione nei weekend al centro di Roma non ha fatto svettare le vendite, poche catene per lo più a basso costo, erano “affollate”, ma Battistoni ricorda anche «che i negozi osservano tutti procedure rigorosissime, mentre fuori c’è il delirio. La verità è anche un’altra: l’Amministrazione ce la sta mettendo tutta per rovinarci, tra monopattini e mancate risposte. Potrebbe fare accordi con i tassisti o con i pullman turistici, per agevolare chi vuole venire visto lo stato dei mezzi pubblici. Ora poi con queste norme in continua evoluzione e contraddittorie il colpo di grazia, la gente si scoraggerà».

E si chiuderà in casa prima del tempo, sui social del resto gira un post che dice “Dunque possiamo uscire di casa per comprare regali di Natale da dare a persone che a Natale non potremo vedere”. Dà il senso di come anche le famiglie abbiano affrontato con distacco lo shopping. «E tutta la catena distributiva è in difficoltà. Proprio in coincidenza di un periodo importantissimo per il commercio, quello in cui di solito anche le piccole aziende fanno il pareggio di bilancio, tra novembre e dicembre. Questo sarà ricordato come il Natale di Amazon e delle vendite on line». La stretta non ci voleva. «Le aziende si erano preparate a un periodo di vendite importante, almeno a Natale, quando non si rinuncia comunque a fare un regalo. A questo punto ritengo ridicolo aspettare il periodo dei saldi; quando uno non ce la fa più li fa». Passi il messaggio del “si saldi chi può”. «Di fronte a queste ultime decisioni non c’è nessuna difesa, rimaniamo perplessi nel vedere un Centro ormai morto anche grazie alla politica che le amministrazioni stanno portando avanti da anni. Comunque nemmeno la clientela alta si è vista dentro i marchi più importanti. Saranno contenti quelli che tuonavano contro il consumismo. Ma attenti che quando inizia un processo economico di questo tipo si rischia una crisi irreversibile, con perdita di posti di lavoro. Basta vedere le serrande abbassate, a via Frattina ci saranno 40 cartelli di affittasi». (Raffaella Troili)

IL MESSAGGERO

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