Virginia Raggi assolta: «Ora penso a Roma. Volevano farmi fuori, fermato l’inciucio con il Pd»
di Lorenzo De Cicco
Sindaca Virginia Raggi, prima della sentenza ha detto: andrei avanti anche da condannata. Ma quanto pesa davvero questa assoluzione per la sua corsa a un mandato bis, ora che il totem grillino dell’onestà è salvo?
«L’assoluzione toglie un pretesto per “farmi fuori” a chi magari già immaginava un mega inciucio per la corsa al Campidoglio. Vede, la differenza è che a me della poltrona non importa nulla. A me interessa soltanto portare avanti un lavoro, difficile, che ho avviato quattro anni fa».
Appena uscita dal Tribunale ha sfidato governo e Parlamento a mettere al centro Roma. Cosa si aspetta in concreto?
«Mi
aspetto che tutte le forze politiche abbiamo rispetto per la Capitale. E
che al di là degli schieramenti politici votino lo stanziamento di
fondi per Roma. In primis il lavoro: questa città ha sofferto più di
altre la crisi legata al Covid, perché ha perso flussi turistici
importanti».
E come si risolleva?
«I
commercianti vanno ristorati: il governo tagli le tasse per chi
quest’anno non ha potuto fatturare. Mi riferisco a Imu e tassa sui
rifiuti. Noi siamo intervenuti sulle tasse comunali ed abbiamo lanciato
un fondo di 3 milioni per il microcredito per concedere prestiti a
piccoli imprenditori che non hanno sostegno dalle banche. Roma
storicamente è indietro sullo sviluppo delle infrastrutture: abbiamo
presentato richieste per finanziare il potenziamento di metro e tram.
Cose concrete. Abbiamo chiesto che si vari un piano straordinario per
l’emergenza casa. Quali obiezioni reali possono esserci?».
Eppure nella bozza italiana del Recovery Fund non c’è traccia del «progetto importante per Roma» promesso da Conte. Cosa dice al premier?
«Che
le chiacchiere stanno a zero. Che i romani sono stanchi di promesse. I
progetti sono sul suo tavolo: ha nostre richieste per 25 miliardi.
Ovviamente sappiamo che non tutto è finanziabile ma gli abbiamo anche
indicato le priorità. Non ha più scuse».
Perché il ddl sui poteri per Roma, peraltro molto light, firmato dal M5S è fermo da un anno?
Chi lo rallenta?
«Il
fatto è che tutti, da destra a sinistra, si riempiono la bocca dicendo
che vogliono varare i poteri per Roma, poi arrivati al dunque non fanno
nulla. Roma è da sempre terreno di scontro politico. Basta interessi di
partito, si metta al centro la città. Io l’ho fatto. Da sindaco chiedo
che approvino i disegni di legge per lo snellimento delle procedure
amministrative per Roma: l’ anno scorso abbiamo inviato le bozze a tutti
i capigruppo in Parlamento e soprattutto all’esecutivo. Uso il plurale
perché quelle modifiche le hanno chieste tutti i gruppi del Consiglio
comunale. Se non le approvano non fanno un dispetto a me, ma alla
Capitale».
È stato detto che qualcuno nel M5S tifava per
la sua condanna, per fare l’accordo con il Pd ai suoi danni. Ha mai
avuto questa sensazione?
«Più che una sensazione. Si vede
che hanno fatto male i conti. Ma questa è la “politica di palazzo” dalla
quale mi sono sempre tenuta distante, ai cittadini non interessa. Forse
per questo sono stata attaccata. Io sono più concreta. A me interessa
sapere cosa fanno per la mia città».
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