Covid, la nuova variante «inglese» è più pericolosa delle precedenti?
«Sars-CoV-2 è un grosso virus a Rna, costituito da circa 30 mila basi (nucleotidi) — chiarisce Massimo Galli, primario di Malattie infettive all’Ospedale Sacco —. Una caratteristica dei virus a Rna è non essere accurati nel replicare: ogni nuova copia può presentare mutazioni che si determinano in modo casuale. Se la nuova mutazione favorisce il virus rispetto all’ospite, o presenta un vantaggio competitivo sui ceppi già circolanti, può diventare dominante come sembra stia facendo in Gran Bretagna l’ultima che è stata segnalata».
4. Potrebbero essere necessari nuovi studi sui vaccini anti-Covid?
No, l’iter dei vaccini va avanti come previsto. «Il virus muta di più quando replica molto. Ecco perché la comparsa del ceppo inglese dovrebbe portare a un’accelerazione delle campagne vaccinali, accompagnate da indagini sull’effettiva produzione di anticorpi — sostiene Carlo Federico Perno, direttore dell’Unità di Microbiologia all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma —. È possibile studiare l’efficacia dei vaccini sulla variante anche in laboratorio, ma credo che in questo momento sia più utile concentrarsi sui programmi di immunizzazione, dato che non ci sono evidenze che il virus modificato sia meno sensibile al vaccino. Certo, se i soggetti vaccinati dovessero venire infettati dal nuovo ceppo di Sars-CoV-2 saremmo di fronte a una brutta notizia, ma oggi non c’è ragione di ritenere che questo accadrà».
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5. Il primo paziente positivo alla variante è stato individuato ieri a Roma. In Italia esiste una rete di laboratori che possono sequenziare il virus?
«Sì, ma ha bisogno di essere sostenuta — sottolinea Massimo Galli —. In Gran Bretagna il Covid-19 Genomics Consortium, che comprende le maggiori Università del paese, è stato finanziato con 20 milioni di sterline e ha potuto realizzare oltre 50 mila sequenze genomiche del coronavirus, permettendo tra l’altro di identificare questa variante, mentre in Italia i laboratori non hanno ricevuto supporto significativo. Da noi la ricerca è poco considerata anche quando servirebbe, come in questo caso, a dare risposte immediate per il controllo di una pandemia».
(Hanno collaborato Massimo Galli, primario di Malattie infettive all’Ospedale Sacco di Milano, e Carlo Federico Perno, direttore dell’Unità di Microbiologia all’Ospedale Bambino Gesù di Roma)
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