Governo, il piano crisi di Zingaretti: al voto insieme al M5S per evitare il bis del 2019
di Stefano Cappellini
Per Nicola Zingaretti sono i giorni più complicati dall’agosto 2019. Lì, caduto il Conte primo, il segretario del Pd rinunciò controvoglia alla linea del voto anticipato per imbarcare il Pd in una difficile alleanza di governo con il M5S. Stavolta, in bilico il Conte secondo, si tratta di sottrarre il suo partito agli effetti di una crisi che di fatto è già aperta. La grande differenza con il 2019 potrebbe essere, secondo Zingaretti, il dopo: un anno e mezzo fa il Pd avrebbe dovuto affrontare le elezioni da solo, e fu una delle ragioni che affossarono l’opzione del voto, stavolta potrebbe farlo insieme al M5S. L’INTERVISTA
Rosato (Italia Viva): “Conte non è l’unica soluzione per il Paese”
di Emanuele Lauria 20 Dicembre 2020
Scenari, ipotesi, scommesse. Nessuno ha certezze sull’esito della
verifica. In queste ore tutti i leader sono impegnati a prefigurare le
mosse proprie e quelle altrui, incastrandole secondo tutte le variabili.
Zingaretti sta affrontando la fase con un profilo basso: poche
dichiarazioni, messaggi mirati, molta preoccupazione. C’è da evitare un
doppio concreto rischio: che il Pd appaia subalterno all’azione di Renzi
contro Conte, o peggio, mandante occulto; ma anche evitare che passi
come difensore dello status quo. Perché su questo punto Zingaretti è
deciso e non ha nascosto il suo pensiero a nessuno degli interlocutori:
il governo è paralizzato, il programma langue, avanti così non si può
andare. I dem si aspettano che Conte abbia il coraggio e la volontà di
proporre le mediazioni più avanzate per disincastrare i troppi dossier
fermi (Mes, fondi Ue, riforme economiche e istituzionali) e anche quello
di rafforzare una squadra di governo con troppi ministri in difficoltà.
Ma non si può dire che in questo momento prevalga l’ottimismo.
Visti dal Nazareno i punti fermi sono questi: quello di Matteo Renzi non
è un bluff; se Conte non trova una formula per sbloccare l’impasse,
Renzi aprirà la crisi; lo farà perché il progetto politico di Italia
viva è tecnicamente fallito (la lapide è stata il 4 per cento alle
regionali toscane) e non ha più interesse a tenere viva la formula di
governo che lui stesso ha propiziato l’estate scorsa; se accadrà, il Pd
non ha intenzione di partecipare a formule di governo tecniche o di
cosiddetta unità nazionale.
Pages: 1 2