Infermieri, turni massacranti e stipendi ridotti all’osso. “Conte ci elogia? Una beffa”
E, invece, come è andata? “È andata che si sono dimenticati – accusa il sindacalista – Hanno previsto in manovra un aumento di 335 euro lordi per i medici, ma di 70 euro lordi per noi, con soli 15 euro in più rispetto a tutti quegli operatori sanitari che il Covid non sanno neanche che cosa sia. E questo grazie al Pd e alla Cgil, che hanno spinto per ridurre al minimo la valorizzazione della nostra specificità”.
Peccato, per di più, che il magro bottino dei 70 euro lordi (poco più della metà netti) arriverà in busta paga solo quando sarà rinnovato il contratto di lavoro. “Ma siamo noi – attacca Bottega – a essere al fronte, a fare tamponi e nelle prossime settimane anche i vaccini, a lavorare giorno e notte nei reparti Covid. Non è che hanno chiamato i medici specialisti, ma gli infermieri dei loro reparti sì. Con tutte le responsabilità del caso. E il risultato è che siamo tutti infettati, perché ci hanno lasciati soli, a mani nude, a combattere una guerra sconosciuta”.
Altro che onori, onoreficenze e riconoscimenti morali, insomma. Gli infermieri italiani sono allo stremo e profondamente arrabbiati, tanto più se si paragonano i loro trattamenti con quelli vigenti nel resto d’Europa. In Svizzera un infermiere arriva a guadagnare 3.500 euro mensili, in Germania almeno 2.500 e così in Inghilterra. Ma anche in Francia e Spagna la retribuzione è più elevata che in Italia. Ma non c’è solo lo stipendio alla base dell’irritazione. Un altro capitolo del cahier de doleance riguarda la formazione e il fabbisogno di infermieri.
Da un lato c’è una grave carenza, dall’altro c’è il numero chiuso per una professione che richiede tre anni di formazione universitaria. “Gli infermieri – osserva, non a caso, Barbara Magiacavalli, presidente della Federazione degli ordini degli infermieri – mancano, non ce ne sono più. La carenza era già nota da anni: ne mancano circa 53mila e il decreto Rilancio a maggio ha previsto un’integrazione stabile per 9.600 infermieri di famiglia e comunità, indispensabili per l’assistenza domiciliare, nelle scuole e nelle strutture come le RSA, ma finora in servizio ne sono arrivati non più del 10 per cento”. Ma, in più, per la campagna vaccinale servirà reclutare altri 12 mila operatori sanitari. Un’impresa insomma, che rischia di mettere a repentaglio l’intera operazione.
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