Tutto su Mr. Amazon
di Riccardo Staglianò
Pasqua con i tuoi (vaccino permettendo), Natale con l’Amazon che vuoi. Quella che consegna i regali ai nonni che non vedremo. Quella dell’alternativa streaming all’iperglicemica tv delle festività. Quella ancora che ipnotizza i bimbi con Alexa. Giusto per fare qualche esempio. Perché ciò che normalmente associamo al nome dell’azienda fondata da Jeff Bezos è solo la punta del pinnacolo dell’iceberg digitale che crediamo di conoscere. E ciò spiega i numeri record collezionati dalsuo ideologo. Duecento miliardi di dollari, il patrimonio personale più alto di sempre, 24 dei quali cresciuti grazie al lockdown che ha affossato il resto dell’umanità. O, da un’altra prospettiva, 9 secondi: il tempo che gli ci vuole a guadagnare lo stipendio annuale di un suo magazziniere. Il quale, stando all’algoritmo, ogni 8 secondi dovrebbe invece prelevare una merce dagli scaffali, scarpinando a passo di carica fino a 20 chilometri al giorno.
Ottocentoquarantamila è invece il conto globale dei dipendenti, per ognuno dei quali avrebbe però fatto fuori 2 o 3 altri lavoratori, stando a una stima di MarketWatch, una delle tante che provano a quantificare il ruolo che il sito di commercio elettronico ha avuto nella retail apocalypse, la carneficina di negozi. E tutto ciò prima del dispiegamento di oltre 200 mila robot nei magazzini. Per non dire dei sacri 14 Principi a cui devono attenersi i dipendenti. Delle 48 ore, il termine di consegna per tutte le merci di Prime. O dei 60 secondi, il tempo garantito tra l’ordine di un libro su Kindle e il suo scaricamento. Tacendo delle crescite record che, anno dopo anno, il fondatore riassume nelle comunicazioni agli investitori e che ora ha raccolto in Invent and Wander, inventa e girovaga, la sua versione delle lettere ai Corinzi dove “l’amore che non viene mai meno”, l’oggetto della sua fede, è quello nei confronti del cliente, intorno al quale tutta la cosmogonia bezosiana si muove. Un corpus testuale affidato aHarvard Business Review Press che, per la prima volta, ci fa entrare nel sistema operativo del più ricco, potente, geniale, odiato e largamente misconosciuto manager vivente.
La prima difficoltà, parlando della sua creatura, è definitoria. Di cosa si occupa Amazon? Pensiamo di saperlo tutti, ma non è detto. È diventata famosa come negozio, anzi l‘Everything Store dal titolo del libro di Brad Stone, ma ormai si arricchisce di più come fornitrice di servizi informatici (Amazon Web Services). Perché sulle merci ha una politica dei prezzi ferocemente al ribasso, talvolta in perdita, mentre sul cloud ha margini ampi. In buona sostanza nel 2018 su 208 miliardi di dollari di vendite, Amazon faceva profitti per 5 miliardi, contro i 7 incassati sul fatturato Aws di soli 26 miliardi. Perché dalla Cia a Netflix, che pure è sua concorrente sul terreno delle piattaforme video, la metà di tutti coloro che nel mondo hanno bisogno di servizi cloud si appoggia ai suoi server. Grazie al fenomenale numero di ricerche che ogni giorno milioni di clienti effettuano sul suo sito, è diventata anche una superpotenza pubblicitaria: chi, meglio di Amazon, conosce i desideri merceologici delle persone? E poi c’è il Washington Post, comprato con l’argent de poche di Bezos e rivitalizzato in sei anni, passando da 500 a 850 giornalisti. Per chiudere, ma solo per amor di brevità, con la passione più antica: le spedizioni spaziali private a 200 mila dollari a biglietto che Blue Origin intende offrire nei prossimi anni.
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