Conte: «Se verrà meno la fiducia di un partito andrò in Parlamento. Escludo la vaccinazione obbligatoria»
di Marco Galluzzo e Paolo Decrestina
Consueto appuntamento di fine anno per il premier Giuseppe Conte. Il premier tiene la conferenza stampa organizzata dal consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti in collaborazione con l’Associazione della Stampa Parlamentare. Un incontro in cui i capi di governo tracciano un bilancio dell’anno che si conclude e delineano i programmi per quello che arriva. Quella di fine 2020 è una conferenza stampa particolare per il premier, al termine di mesi difficili stretti nel dramma della pandemia da Coronavirus e all’inizio di una campagna vaccinale che si spera possa concludere la fase di emergenza sanitaria, con la tensione politicainterna alla maggioranza sullo sfondo. Ecco la diretta dell’incontro con il premier, che si è aperto con un minuto di silenzio in memoria delle vittime del coronavirus.
Conte stesso ammette che «non va tutto bene», che sul Recovery esiste un ritardo e che «dobbiamo affrettarci», ma sulle difficoltà politiche della sua maggioranza, sull’ipotesi di una crisi, Giuseppe Conte risponde con una calma olimpica, negando quasi che esistano problemi, ripetendo come un mantra «che tutto si può risolvere con il confronto che abbiamo avviato e con una sintesi delle diverse esigenze».
Insomma la caratura politica della conferenza stampa del presidente del Consiglio è come in passato all’insegna dell’ottimismo, nonostante gli ultimatum di Renzi e le critiche del partito democratico, nonostante la verifica politica in corso e le critiche aspre che pure gli sono piovute addosso dagli alleati di governo. «Dobbiamo avere una prospettiva di legislatura nel quadro dell’occasione storica dei 209 miliardi del Recovery plan. Ma non possiamo permetterci di galleggiare. Il governo non deve disperdere il suo patrimonio di credibilità». Conte sembra credere che tutto si risolverà, afferma che la sua posizione continua incessantemente a perseguire «gli interessi generali del Paese», continua a puntare sulla centralità del Parlamento, «il premier non sfida nessuno, ha la responsabilità di una sintesi politica e di un programma di governo. Per rafforzare la fiducia e la credibilità del governo e della classe politica bisogna agire con trasparenza e confrontarsi in modo franco. Il passaggio parlamentare è fondamentale».
Il premier poi nega di voler fare un suo partito, «sono qui per programmare il futuro. Non potrei distogliermi da questi impegni per impegnarmi in una campagna elettorale», dice di non capire le richieste di cedere la delega sui servizi segreti, «è la legge che mi attribuisce questi poteri, forse non si disfano di me?». E se non vuole nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi di due vicepremier che lo affianchino, «non mi sembra che abbiano funzionato in passato», mentre sceglie di non voler entrare nel merito di scenari di crisi, in conclusione c’è solo la fiducia nella sua stabilità: «Il sottoscritto non va alla ricerca di altre maggioranze in Parlamento, lavora con la maggioranza che ha e crede nel confronto e nella sintesi superiore che può scaturire dal dialogo. A maggior ragione per quanto riguarda una prospettiva elettorale: non riesco assolutamente a considerarla. Lavoro con disciplina e onore, non certo per fare una mia lista elettorale».
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