Conte-Renzi, la distanza aumenta. Iv pronta alla crisi. Monta l’insofferenza Pd

di Marco Conti

Decine di domande – molte su Renzi, tante sul Pd – e nessuna sul M5S che ormai si nasconde talmente bene dietro Giuseppe Conte al punto da sparire anche dalla conferenza stampa di fine anno del presidente del Consiglio. Anche se il premier dice che non è il momento nel quale decidere se fondare un partito o mettersi alla guida del Movimento, la strada sembra segnata. APPROFONDIMENTI


La faida


Difendendo se stesso, attaccando Iv sugli ultimatum e scaricando sul Pd la fallimentare redazione del Recovery fund («non possiamo fare un torto al lavoro del ministro Amendola»), protegge soprattutto quel partitone che per due volte lo ha indicato per palazzo Chigi. Tutela, Conte, quel M5S che undici mesi fa ha avviato un congresso trasformatosi in una faida interna permanente che blocca la scelta di un nuovo leader, sbarra la strada al ritorno dell’unico possibile (Di Maio) a tutto vantaggio dello stesso Conte che si tiene stretta la carta di riserva in caso di caduta da palazzo Chigi. Renzi non molla ed è pronto alla crisi a gennaio se il premier non cederà la delega sui Servizi o verranno cestinate le sue proposte sul Recovery.

Conte è talmente convinto di avere in tasca il piano B, da concedere poco o nulla non solo a Iv, ma anche al Pd che da settimane gli chiede di mostrarsi capo della coalizione e risolvere la crisi della maggioranza in corso. Un’insofferenza, quella dei dem, che Conte non ha interesse ad alimentare quanto quella di Renzi che per l’elettore grillino rappresenta il nemico, anche se momentaneamente alleato. Si comprende quindi l’attuale e pervicace resistenza dello stesso Conte per l’attivazione del Mes, la mancata soluzione delle concessioni autostradali e le tante questioni aperte. Scomparsi ieri dal confronto avvenuto a Villa Madama, i grillini sono però ancora saldamente ancorati alle poltrone ministeriali. Una pattuglia super-protetta dal loro «capitano» che invece – ricevendo nei giorni scorsi le delegazioni – ha candidamente chiesto a Pd, Iv e Leu se pensavano di sostituire i propri ministri.


E questo spiega perché gli spazi per effettuare il rimpasto, sono minimi. Il capitano-Conte non intende chiedere passi indietro a nessuno della pattuglia grillina. Piuttosto non porrebbe problemi qualora toccasse alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese fare posto qualora, con un gioco di piccoli spostamenti, i renziani dovessero accontentarsi. Oltre Conte non intende andare e, forte delle preoccupazioni del Quirinale per una crisi al buio, si barrica a palazzo Chigi mentre il Pd è in tensione e sollecita il premier a favorire una ricomposizione guidando, se necessario la nascita di un Conte3.

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