Scuola, Alessio D’Amato: «Il governo non riapra le aule, troppi contagi»


Nelle ultime rilevazioni il Lazio ha sfiorato 2.000 nuovi casi in 24 ore, per questo chiede di non riaprire le scuole?
«Il problema è dell’intero Paese. Occorre grande prudenza, siamo nella fase più delicata della pandemia, ci sono tre mesi invernali di fronte a noi e saremo impegnati in una complessa campagna vaccinale. È già stato spiegato tante volte: il problema non sono le lezioni in aula, ma tutto ciò che sposta la scuola, tutto ciò che gira attorno alla scuola. Pensare di ripartire, alle superiori, quando registriamo in Italia più di 20mila casi al giorno, non ha senso».

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A settembre si ripartì con una situazione molto differente.
«Penso al Lazio: quando le scuole riaprirono avevamo 300 nuovi positivi al giorno, oggi quasi 2.000».


Farete un provvedimento per rinviare l’apertura?
«No. Noi rispetteremo la linea del governo, le scuole sono un tema nazionale. Però spero che prevalga il buon senso. Abbiamo avviato una campagna vaccinale importantissima, se i casi si moltiplicano sarebbe molto più complicato portarla avanti. E non avrebbe senso riaprire le superiori, sia pure con la didattica a distanza al 50 per cento, per poi essere costretti a richiuderle dopo poche settimane».


L’incremento negli ultimi due giorni dei casi del Lazio come vanno spiegati? Semplicemente si bilancia il rallentamento dei tamponi coincidente con le festività di Natale o c’è dell’altro?
«I dati che stiamo vedendo sono effetto dei contagi avvenuti una decina di giorni fa, in coincidenza con lo shopping natalizio e gli spostamenti tra regioni. Servono altri giorni per capire se ci sarà un assestamento o se si tornerà a crescere».


State verificando se i numeri più alti siano causati anche dalla diffusione della variante inglese che, stando a quanto riferiscono gli scienziati britannici, ha una velocità di trasmissione più alta del 70 per cento?
«Questo tema è stato preso in considerazione, allo Spallanzani le verifiche sono frequenti. Ad oggi abbiamo trovato una decina di casi di positivi al virus con la variante inglese e non erano persone scese dagli aerei provenienti dal Regno Unito, i cui passeggeri sono stati sottoposti ai tamponi. Detto questo, è presto per arrivare a delle conclusioni. Abbiamo un altro elemento che invece ci sta aiutando: al contrario degli anni passati, gli ospedali non sono presi d’assalto dai casi di influenza. La vaccinazione diffusa ha funzionato e le misure di distanziamento contro Sars-CoV-2, di riflesso, fermano anche la diffusione dell’influenza».


Secondo i vostri esperti, quando vedremo gli effetti benefici della vaccinazione anti Covid? Bisognerà attendere il raggiungimento dell’immunità di gregge con la protezione del 70 per cento della popolazione? O saremo già in una situazione nettamente migliore dopo che tutte le categorie a rischio e gli ultraottantenni saranno stati vaccinati?
«Il Lazio è la regione che ha già eseguito più vaccinazioni. Ma come ho già detto altre volte qui esiste un problema di numeri di dosi di vaccini. Se ne arrivassero di più, saremmo pronti ad accelerare. Oggi siamo costretti a usarle al 66 per cento, perché una quota deve rimanere come riserva in caso di contrattempi nelle forniture e per la seconda somministrazione. Onestamente, è difficile capire come mai l’autorità regolatoria del Regno Unito abbia autorizzato il vaccino di AstraZeneca, mentre l’Ema, l’agenzia europea, abbia detto che servirà almeno un mese».

IL MESSAGGERO

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