Ambiente, addio 2020: 5 buone notizie che fanno ben sperare

E’ stato un anno di cattive notizie, anche per l’ambiente. Il 2020 è iniziato con i roghi australiani, conseguenza del riscaldamento globale e causa di ulteriori emissioni di CO2. E’ continuato con eventi meteo estremi che hanno fatto migliaia di vittime e miliardi di danni. Ma potrebbe anche essere l’anno della svolta nella lotta ai cambiamenti climatici, forse proprio grazie alla pandemia da Covid-19 che ha colpito tutti i continenti: l’emergenza coronavirus ha indotto politici e opinione pubblica a un ripensamento su stili di vita e rapporto con la Natura. Vedremo quanto duraturo. E tuttavia ci sono state anche delle vere buone notizie per il pianeta. Ecco quali.

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di Claudio Gerino

Il Green Deal europeo. Annunciato dalla presidente della Commissione europea Ursula von Der Leyen alla fine del 2019, l’ambizioso progetto Ue ha mosso i suoi primi passi nel 2020, complice proprio la pandemia. Lo strumento finanziario individuato dall’Europa per aiutare i Paesi membri più duramente colpiti dal coronavirus, il Next Generation Eu, prevede che il 70% dei fondi erogati da Bruxelles siano spesi per la conversione delle economie da un modello basato sui combustibili fossili a uno basato sulle energie rinnovabili. Vale anche per i 209 miliardi destinati all’Italia.

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E alla fine dell’anno, era ormai inizio dicembre, i capi di Stato e di governo europei, hanno accettato di fare uno sforzo in più, impegnandosi a tagliare del 55% le emissioni entro il 2050.

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La lezione della pandemia. Il lockdown imposti in tutto il mondo a partire da gennaio hanno prodotto un crollo delle emissioni di CO2 del 7% rispetto al 2019. Ma non è questa la buona notizia: finita l’emergenza si tornerà a produrre, a viaggiare, dunque a emettere gas serra. Il coronavirus però ci ha insegnato quanto le nostre società siano vulnerabili a certe emergenze “naturali”. Ci ha insegnato che dobbiamo riprogettare le economie perché siano resilienti (non a caso il piano europeo accanto al termine recovery, che tanto piace alla politica italiana, affianca il da noi ignorato resilience).

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