Conte ter, ora si tratta: Di Maio con Orlando i vice e delega servizi a un tecnico
di Emilio Pucci
Renzi continua a rimandare la palla nel campo del premier ma i toni non sono più quelli dell’ultimatum. Se il presidente del Consiglio decidesse di non arroccarsi, da Italia viva arriverebbe l’ok ad un Conte ter. «Ma solo se prende un’iniziativa, altrimenti il 7 gennaio le nostre ministre si dimettono e si volta pagina», continuano a ripetere i big renziani. Il presidente della Repubblica resta alla finestra, come ovvio non intende far sentire la sua voce. Ma nel discorso di fine anno ha richiamato tutte le forze politiche ad evitare un corto circuito, nella certezza che soluzioni abborracciate non bastino in caso di crisi ad evitare il voto. E qualcosa, forse, si sta muovendo.
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Il premier innanzitutto vuole un confronto sul Recovery plan. La sua intenzione è quella di sottoporre la bozza che verrà recapitata dal ministro Gualtieri alle forze di maggioranza, e solo dopo convocare un Consiglio dei ministri. E’ il primo segnale che la sfida è rimandata. Il secondo è che il Capo dell’esecutivo ha rinviato ogni redde rationem al Senato, non ci sarebbero i numeri, anche se una parte M5s e di ex pentastellati ancora lavora ad un fortino anti-Renzi, al grido di “o Conte o morte”. Il terzo segnale della possibilità di un disgelo nei prossimi giorni arriva dalle trattative in corso per il rafforzamento dell’esecutivo.
Il presidente del Consiglio ha aperto ad un governo ‘politico’. Sulle caselle si sta discutendo. Con l’eventualità, per esempio, che un esponente renziano vada al Viminale, che il Mit possa essere spacchettato, lasciando ad Iv il capitolo delle grandi opere. E che il vice segretario dem Orlando possa ricoprire il ruolo di vice premier con Di Maio. Sul tavolo anche l’ipotesi che Conte ceda la delega sui Servizi. Affidandola a Vecchione, attuale capo del Dis che verrebbe nominato sottosegretario (ma Pd e Iv sarebbero contrari) o ad un tecnico (si fa il nome, ma è una possibilità remota, dell’attuale sottosegretario Turco).
Ma le incognite restano. Perché Conte vuole ancora capire quanto Renzi voglia alzare il tiro. Il Pd da tempo gli chiede di prendere una iniziativa politica e potrebbe essere accontentato con la convocazione di un tavolo con i capi delegazione. Conte però allo stesso tempo continua a non fidarsi. Teme che aprendo il vaso di Pandora possa finire impallinato. Del resto un eventuale passaggio parlamentare con una nuova fiducia non sarebbe certamente facile. I pontieri stanno cercando di sbloccare lo stallo, di costruire un percorso blindato. Ma in ogni caso la prospettiva delle urne è sempre più lontana, nonostante il presidente del Consiglio nei giorni scorsi abbia ventilato l’ipotesi di una sua lista, con un accordo Pd-M5s-Leu alle urne.
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