Tutti i dubbi da chiarire sui vaccini
di Luigi Ripamonti |
C’è stato il tempo della speranza, poi quello dell’attesa febbrile, infine il V-day, che avrebbe dovuto essere l’inizio di una nuova era: finalmente si sarebbe vista la luce in fondo al tunnel. Luce che continua a esserci, sia ben chiaro, ma che è già offuscata. Le fanno da tenda delusioni nutrite, fra l’altro, di classifiche variamente compilate in cui l’Italia, o le regioni che la compongono, si piazzano più o meno male rispetto alla «concorrenza» nel ritmo di immunizzazione. Con relative proteste, recriminazioni, accuse, a volte giustificate, altre volte informate magari da una certa superficialità di giudizio. Si potrebbe chiosare evocando il Manzoni de «ai posteri l’ardua sentenza» su ciò che è stato fatto e sarà fatto, o, al contrario, il Churchill del «Fare del proprio meglio a volte non basta, bisogna fare il necessario». Il punto è che il necessario deve sposarsi con il possibile. Questo non per assolvere coloro che hanno la responsabilità di perseguire obiettivi quanto mai urgenti e fondamentali, ma per richiamarli piuttosto a un atto di coraggio nel chiarire qual è la reale situazione a proposito dei vaccini contro Covid-19. C’è bisogno di speranza, ma non bisogna cadere nella tentazione di alimentare un ottimismo ingenuo.
L’ottimismo ingenuo può essere controproducente quanto il realismo tragico, perché rischia, alla prima delusione, di fare da terreno di coltura a scetticismo e sfiducia, alimenti ideali per fenomeni che vanno dal negazionismo alla militanza no-vax, vere minacce per la riuscita della campagna vaccinale. Che l’arrivo dei primi vaccini non avrebbe segnato la fine della pandemia è stato detto, ma va preso atto che il percepito è stato diverso. Ora è il momento de «la verità, vi prego, sui vaccini».
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