Il caos istruzione/ Le incertezze del governo e i giovani disorientati

CARLO NORDIO

«Questo governo va avanti in uno strano paradosso: deciso solo a essere indeciso, risoluto ad esser irrisoluto, solido per fluidità, capace solo nell’impotenza». Non sono i rimproveri di Renzi a Conte, ma quelli indirizzati da Churchill all’inetto Stanley Baldwin il 12 novembre 1936. Ma si adattano bene all’assente strategia del nostro governo contro il Covid. Purtroppo, dopo aver compromesso, con gli oscillanti apri e chiudi una serie di attività produttive, ora questa indecisione vulnera uno dei cardini dello Stato, cioè la Scuola. Nessuno, fino alla decisione di ieri sera, era in grado di capire cosa sarebbe accaduto dopo queste singolari vacanze di Natale. La ministra Azzolina voleva riaprire a tutti i costi. Gli esperti dicevano che sarebbe stato un suicidio. Il Veneto, il Friuli, le Marche, la Sardegna e il Lazio avevano già deciso di fare di testa loro. E solo a quel punto il governo si è ridestato. 

Va detto che questo andamento esitante e confuso era ampiamente prevedibile, e si era già manifestato in quella tela di Penelope costituita dal disfare quello che era stato fatto poco prima, da parte delle stesse persone. In effetti non s’era mai visto un premier rallegrarsi di smentire le decisioni adottate quando guidava il governo precedente. Ma questa è ragion politica, e possiamo anche capirla. Quello che invece non si capisce, e meno ancora si tollera, è che adesso questi tentennamenti compromettano gravemente il nostro sistema educativo, con le conseguenze che graveranno, come il gigantesco debito pubblico, sulle prossime generazioni. La nostra scuola, dalla cosiddetta rivoluzione del ‘68, non ha più goduto di buona salute. E’ stata vittima del sindacalismo invasivo, della miope arrendevolezza democristiana, dell’avvilimento della meritocrazia, dell’umiliazione dei docenti, dell’insidia di teorie pedagogiche stravaganti e più in generale dell’abbandono di quel minimo di serietà e di autorevolezza senza le quali non c’è educazione né cultura.

Tuttavia, bene o male, ha vivacchiato. Come la nostra Giustizia, altrettanto scalcagnata, ha comunque assicurato i servizi essenziali, e talvolta, inciampando nella professionalità, ha anche sfornato allievi preparati. Ora, sotto la minaccia del Covid, più che crollare con fragore rischia di vaporizzarsi per inerzia governativa. E questo, se possibile, è anche peggio di una soppressione violenta.

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