Crisi in stallo, a Renzi il rimpasto non serve. La tentazione del Pd: elezioni anticipate
Già, Renzi. Il problema è che al momento nessuno ha capito fino in fondo quale è il punto di caduta del leader di Italia Viva. È evidente che “Matteo” vuole la testa di Conte come è chiaro che non potrà accontentarsi di uscire da questo caos con un ministero per Rosato o la Boschi al posto della Bonetti, ma non sono note le condizioni a cui il senatore fiorentino accetterebbe di siglare la pace. Tutti lo conoscono, sanno che nelle partite di poker Renzi è sempre stato il migliore, che la sua spregiudicatezza e capacità tattica ha pochi uguali, ma insomma alla fine alle elezioni non vuole andare neppure lui. Dal voto sarebbe quello che ne uscirebbe peggio.
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Tutti così guardano al Quirinale. L’avvitarsi della crisi, che sia dichiarata formalmente o meno poco importa, l’inasprirsi dell’emergenza pandemica e l’avvicinarsi delle scadenze europee chiamano obiettivamente in causa anche Mattarella. Quando i giocatori non giocano ma si prendono solo a pedate, l’arbitro deve far l’arbitro. Al Quirinale sono tra il preoccupato e l’arrabbiato. Sentir parlare di totoministri già non fa piacere (i ministri come noto li nomina il presidente della Repubblica), sentire poi che a rimetterci le penne per le bizze dei partiti sarebbe nientemeno che la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, fortemente voluta a suo tempo da Mattarella e onestamente ben comportatasi non è stato gradito. Salvare la Azzolina, la Catalfo e la De Micheli e buttare a mare la Lamorgese è visto poco meno che uno sgarbo, oltre che un indubbio controsenso. L’unica consolazione, per tutti, è che il poker è all’ultimo giro di mano.
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