Proud Boys tra armi e slogan. Chi sono i manifestanti che hanno occupato il Congresso Usa
Hanno travolto le barriere a protezione di Capitol Hill, il Congresso americano. E hanno fatto irruzione nell’edificio di marmo bianco che da sempre è il simbolo della democrazia americana e non solo. Nell’aula del Senato i parlamentari si preparavano a riconoscere la vittoria del candidato democratico Joe Biden, ormai a tutti gli effetti il «presidente eletto», e ad aprirgli definitivamente l’accesso alla Casa Bianca quale nuovo «comandante in capo» degli Stati Uniti dal prossimo 20 gennaio. Avrebbero dovuto avallare, con una procedura assolutamente formale, i risultati del voto dello scorso 3 novembre, alla luce anche della sequela di ricorsi respinti sulla regolarità delle consultazioni. La stessa Corte Suprema degli Usa, con i giudici a maggioranza di area repubblicana, non aveva potuto che constatare la regolarità del voto rispedendo al mittente tutte le obiezioni avanzate dal fronte trumpiano.
Il ruolo di Trump
Ma il capo della Casa Bianca in questi ultimi due mesi non ha mai smesso di gettare benzina sul fuoco e di alzare i toni sul tema della regolarità delle consultazioni. E persa ogni speranza di potere contrastare la vittoria dei dem almeno con il «filibustering» parlamentare — oggi anche la Georgia ha voltato le spalle ai repubblicani assegnando ai democratici, che già l’hanno conquistata alla Camera dei rappresentanti, la maggioranza assoluta anche al Senato — ha alzato ulteriormente i toni. L’ala estremista dei sostenitori di Trump, aizzata dal presidente uscente che per tutto il giorno ha aperto il fuoco via social sul tema delle elezioni «fraudolente», ha invaso il luogo simbolo della democrazia americana e ha impedito la proclamazione ufficiale di Biden quale nuovo comandante in capo. Nel corso degli scontri con la polizia avvenuti nei momenti più concitati della protesta, una donna ha perso la vita.
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