Regioni colori, D’Amato: «Nel Lazio il giallo non aiuta. Noi arancioni tra 7 giorni»
di Mauro Evangelisti
«Certo, va sottolineato il fatto che il Lazio è l’unica delle grandi regioni ad essere rimasta sempre gialla. È un buon risultato, ma vorrei che fosse chiaro che non è un liberi tutti, visto che oggi siamo gialli, ma la prossima volta potremmo già essere arancioni».
Alessio D’Amato, assessore alla Salute del Lazio, non vuole nascondersi dietro la classificazione ufficiale di “Regione gialla”, dunque con limitazioni meno severe, perché l’indice di trasmissione è rimasto un soffio sotto a 1: «Servono comportamenti molto rigorosi, la situazione è seria».
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Nel
Lazio oscilliamo tra i 1.500-2.000 nuovi casi al giorno. Non ci sono
mai state così tante persone “attualmente positive”, mentre parliamo
sono 77.855, significa che un cittadino ogni 75 è infetto.
«Proprio
per questo sto ripetendo che la fascia gialla non è un semaforo verde.
L’Rt è sotto a 1 e c’è una sostanziale tenuta degli indicatori del tasso
di occupazione dei posti letto di terapia intensiva e degli altri
reparti. Ma la preoccupazione resta molto alta».
Quali sono gli elementi che incutono timore?
«Il
primo: sono raddoppiati i focolai in ambito familiare nell’ultima
settimana. Vediamo i primi effetti delle feste e del Natale. Altro dato
che ci deve imporre enorme cautela è l’aumento del tasso di positivi sul
numero di tamponi effettuati. In sintesi: questo giallo non è un liberi
tutti, ma paradossalmente ci impone ancora più rigore, più attenzione.
Essendo rimasti sempre in fascia gialla non abbiamo beneficiato,
paradossalmente, delle limitazioni che hanno aiutato altre regioni
arancioni o rosse».
Non sarebbe meglio aggredire la situazione e decidere, autonomamente, delle limitazioni nel Lazio?
«La
curva dei contagi ha una direzione verso l’alto, ma può essere ancora
gestita. Dipende molto dal rigore dei comportamenti. C’è sempre da
considerare il difficile equilibrio tra le garanzie della salute e tutto
ciò che comportano in termini economici e sociali nuove chiusure.
Pensiamo a una città come Roma, in cui c’è una grande diffusione di
pubblici esercizi. Tra l’altro, senza un provvedimento del governo, se
imponiamo noi la chiusura c’è il nodo dei ristori agli operatori».
Fosse dipeso solo da lei avrebbe deciso subito misure più severe?
«Il
tema non è questo, l’Italia si è data un meccanismo per decidere i
colori basato sui dati ed è corretto rispettarlo. Però faccio anche
notare che come Regione Lazio una misura l’abbiamo già presa, visto che
la riapertura delle scuole superiori è stata rinviata al 18 gennaio
visto che ci sono alcuni indicatori in aumento».
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