Governo, weekend a rischio crisi: le prime crepe anche in Pd e 5 Stelle
Perché ora il premier è spalle al muro e il Pd fatica a reggere la posizione. Il ministro della Difesa giorni fa è dovuto intervenire per smorzare le polemiche nel partito, assai critico per il modo in cui palazzo Chigi ha gestito la verifica, immaginando di resistere a dispetto di tutti e di tutto. «Guardate che se salta Conte c’è il rischio che saltino i cinquestelle», ha spiegato Guerini: «Al Senato c’è una frangia consistente del gruppo grillino che non appoggerebbe un altro governo con un altro presidente del Consiglio». Ma il malumore tra i dem inizia a tracimare, perché — persino tra quanti non sono mai stati renziani — c’è chi punta l’indice contro «Bettini e il sindacato dei ministri che sono gli ultimi mohicani di Conte», c’è chi non accetta di «rompere con Iv per unirci ai Responsabili» e chi sottolinea che «in fondo ad aver piegato Conte è stato Matteo».
L’equilibrio è fragile. Così ieri in direzione Zingaretti ha dovuto usare tutta l’abilità di cui dispone per tenere insieme i tanti Pd di cui si compone il Pd. Ha parlato di «rischio di elezioni anticipate», non le ha minacciate. Ha difeso il gabinetto Conte ma non ha escluso le altre strade, ponendo il problema sotto forma di interrogativo: «Un altro governo confuso? Trasformista? Trasversale? Tecnico? Non porterebbe nulla di buono all’Italia». Il leader dem ha evitato di esprimere giudizi ultimativi sulle varie opzioni, intanto perché devono consumarsi i passaggi di questa crisi e soprattutto perché sa che se si aprisse ora la discussione sugli scenari futuri, il partito potrebbe dividersi. La linea di Zingaretti ha garantito l’unità del Pd: l’accordo con gli altri maggiorenti è di affrontare dopo la questione del «dopo», semmai si dovesse arrivare alla crisi.
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Sarà forse per questo che Conte inizia a vedere fantasmi un po’ ovunque, sarà questo il motivo della tentazione di forzare il gioco. Sarà forse che le responsabilità di questa situazione non sono solo di Renzi.
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