Governo, oggi il sì al Recovery, ma Renzi verso lo strappo: Conte tentato dal voto
di Marco Conti
L’affannoso tentativo di evitare la formalizzazione della crisi di governo da parte del Pd appare sempre più disperato. Il percorso tracciato dai dem, con l’avallo del Quirinale, per arrivare al Conte-ter si è arenato per la resistenza del premier – e di quanti intorno a lui continuano a sostenere che «Conte è indisponibile a qualunque ipotesi di dimissioni» – e per la voglia di Matteo Renzi di spingere l’acceleratore sino in fondo ottenendo non solo un nuovo governo ma anche un cambio a palazzo Chigi.
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IL RITIRO
Si
arena quindi anche la strategia messa in atto dai dem al governo di un
passaggio di Conte al Quirinale già nel fine settimana per dimettersi e
poi ricevere un nuovo incarico. Il via libera stasera al Recovery Fund
in Consiglio dei ministri è quindi scontato anche se non è detto che ci
sarà una votazione formale, visto che si tratta di un testo che deve
passare in Parlamento e al confronto con le parti sociali. Così come
Italia Viva dà per certo il ritiro delle delegazione al governo e, a
seguire, la conferenza stampa di Renzi dove spiegherà che Iv è comunque
pronta a dare il via libera allo scostamento di bilancio e al decreto
ristori, ma che su «molte altre questioni poste non abbiamo ricevuto
risposte ma insulti». Nell’agenda di palazzo Chigi ci sono infatti altri
due Consigli dei ministri: uno domani per lo scostamento di bilancio e
uno giovedì per il decreto-ristori. Subito dopo Conte immagina di
chiamare le forze della maggioranza per stendere il nuovo programma e
rimettere mano alla squadra di governo. Ma l’accelerazione renziana,
dopo giorni di avvisi e minacce, riporta Conte nel bunker pronto a
presentarsi in Parlamento per la conta sperando nei “responsabili” che
un senatore 5S starebbe mettendo insieme. Oppure, come sostiene Goffredo
Bettini – per spaventare forse sia Conte che Renzi – far entrare in
maggioranza una parte di Forza Italia. Ipotesi smentita da Giorgio Mulè,
ma che è tutta da verificare nel corso della crisi.
Mentre al Nazareno descrivono Conte come «impaurito» per le mosse renziane e in cerca di rassicurazioni, nel Movimento prevale una buona dose di disincanto e, se si esclude l’ala governista, di relativo interesse se si andrà ad un Conte-ter con Andrea Orlando vicepremier, o verso un esecutivo guidato magari da un dem (Dario Franceschini) o da una figura istituzionale (Marta Cartabia). I mediatori, da Franceschini a Bettini, passando per Delrio e Guerini, sono al lavoro, per recuperare il percorso che avrebbe dovuto portare ad una crisi lampo, ma i margini sono ridotti.
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