Crisi di governo, Conte ai dubbiosi: «Il nuovo gruppo dei costruttori diventerà un partito»

di Monica Guerzoni

Crisi di governo, Conte ai dubbiosi: «Il nuovo gruppo dei costruttori diventerà un partito»

ANSA

ROMA «I responsabili ci sono». E Giuseppe Conte, per convincere anche i più tormentati a saltare il fosso, prova a cancellare dalla storia recente della politica italiana una parola che richiama più vizi che virtù. «Sarete i costruttori», ha spiegato a più di un senatore, chiamato dal premier in persona. E poiché ciascuno, centrista, ex grillino, socialista o renziano pentito, ha a cuore lo scranno presente e futuro, il giurista pugliese rivela che sta lavorando a «un grande progetto politico, europeista, liberale e ambientalista, in contrasto totale con le idee sovraniste di Salvini e Meloni».

E anche se Luigi Di Maio pare non sia affatto contento, è questa la novella che gli «emissari» di Conte stanno portando in Parlamento, per provare a convincere il maggior numero di senatori che «sta nascendo un gruppo parlamentare che avrà forte dignità politica» e, soprattutto, che avrà un futuro in caso di elezioni. Ieri mattina quando ha letto il richiamo alla responsabilità di Riccardo Nencini — il presidente del Psi che grazie al suo simbolo consentì a Renzi di formare il gruppo di Italia viva al Senato — Conte si è entusiasmato: «Ho molto apprezzato». E ancor più si è emozionato quando i collaboratori gli hanno riferito delle 300 telefonate di sostegno ricevute dal centralino di Palazzo Chigi, cosa che la comunicazione del presidente diffonde con una certa enfasi: «Una lenta marea, che poi è diventata uno tsunami».

Renzi, il colpo di coda dello scorpione

Conte insomma non torna indietro e studia la parte del martire. «Con Renzi è finita» ripete ai ministri e soprattutto a se stesso l’inquilino di Palazzo Chigi, precario quanto determinato a presentarsi lunedì alla Camera e martedì al Senato per la resa dei conti. È chiaro che rischia brutto e in cuor suo si è preparato anche alla sfiducia. Giorni fa il presidente Sergio Mattarella lo ha ammonito, dicendogli in sostanza che una sfiducia in questo momento drammatico sarebbe sale sulle ferite dell’Italia. Ma Conte si mostra «tranquillissimo», convinto che i parlamentari comprenderanno il suo messaggio.

A chi lo chiama in queste ore il presidente la spiega così, con le parole che scandirà dagli scranni del governo il giorno della verità: «Ci sono dei momenti in cui le sfide sono così difficili e impegnative che non c’è spazio per il grigio, ma diventa tutto bianco o nero». Poi l’appello a quei senatori di opposizione tentati dall’offrire il loro sostegno al Conte ter: «Decidere di essere costruttori in questa fase politica significa fare una chiara scelta per il bene del Paese».

Ovviamente lo sa anche Conte che dentro i gruppi parlamentari del Pd ci sono ancora decine e decine di ex renziani che premono per ricucire lo strappo. Ma del leader di Italia viva il presidente Conte, se mai si è fidato, adesso non si fida più. E ha «molto apprezzato» le parole definitive con cui il segretario del Pd, il capo delegazione e poi i ministri Gualtieri, Provenzano, Boccia e via elencando hanno sancito «l’inaffidabilità politica» dell’avversario. «Zingaretti e Franceschini sono stati straordinari», ha esultato Conte.

Un passaggio cruciale per puntellare la strategia del presidente del Consiglio l’ha fatto il capo delegazione del Pd Dario Franceschini, quando ha diffuso il suo intervento all’ufficio politico del Nazareno: «In un sistema parlamentare le maggioranze si cercano in Parlamento, apertamente, alla luce del sole e senza vergognarsene». Perché se in passato il termine responsabili «indicava una negatività, non è più così». Il via libera, il segnale ai senatori incerti e anche a Renzi, se ancora ci fosse un minuscolo spiraglio.

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