Giuseppe e Matteo la strana sfida che esalta entrambi
Siamo arrivati alla fase decisiva di una sfida scacchistica
estenuante tra Matteo Renzi e il presidente del Consiglio Giuseppe
Conte. Un confronto che contiene un paradosso: il leader più apprezzato
del panorama politico italiano secondo i sondaggi, Conte, rischia di
cadere per una mossa del leader con il più basso livello di gradimento,
Renzi.
Secondo l’istituto di rilevazione Ipsos, ad esempio, l’operato del
premier è promosso dal 57% degli italiani, quello del leader di Italia
Viva dall’11%. Non solo, un sondaggio dello stesso istituto pubblicato
ieri sul Corriere della Sera mostra come anche in un testa a testa tra i
due i risultati siano simili: 55% a 10% per Giuseppe Conte, con una
larga percentuale degli intervistati che si sottrae alla scelta.
La forza di Conte, oggi, è anche la sua debolezza: una trasversalità che
lo porta ad essere apprezzato da una fascia ampia di elettorato, ma che
ne limita le possibilità di fidelizzare una base solida. Questo pone
diversi interrogativi sulla sua forza elettorale: quale può essere la
base socio-culturale di un partito di Conte? Quali gli elementi che
possono mobilitare un segmento elettorale rilevante su di lui in caso di
voto? Il consenso non si trasforma facilmente in voti – e Mario Monti
ce l’ha dimostrato non troppi anni fa.
Tuttavia, la contrapposizione con un leader così osteggiato
dall’opinione pubblica può avere effetti benefici per il premier:
passando dalla trasversalità alla polarizzazione con un avversario
impopolare può più facilmente costruirsi una “nuova base”, primo passo
per la discesa nel campo elettorale. Viceversa, anche Renzi vede diversi
sviluppi possibili da questa crisi. In primis, le sue mosse rispondono
al suo classico schema strategico, tutto incentrato sulla propria innata
capacità di occupare il centro della scena. Non ci possono essere altri
protagonisti oltre a lui – e l’abbiamo visto anche nella conferenza
stampa, in cui ha completamente oscurato le ministre dimissionarie -, un
concetto che stride con la leadership di un partito del 3%, ma che
Renzi è riuscito ad affermare ritagliandosi comunque un ruolo da ago
della bilancia, alla guida di un partito piccolo ma fondamentale per il
raggiungimento della maggioranza in parlamento.
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