Nel Suk per Conte si muovono pure i cardinali
Lo schema di base prevederebbe la distribuzione degli incarichi lasciati vacanti da Italia viva ai nuovi responsabili: la Famiglia andrebbe proprio a un esponente dell’Udc, con l’Agricoltura verrebbe blandito il senatore Riccardo Nencini, esponente del Psi e iscritto nel gruppo di Iv, tra i possibili “costruttori” provenienti dalle fila di Renzi insieme a Anna Maria Parente e Vincenzo Carbone, rispettivamente ex Pd e Forza Italia. Nencini si è già iscritto alle fila dei costruttori, lo smottamento, sia pur minimo, dalle fila renziane, insieme a quello dei centristi, farebbe salpare la nave del terzo governo Conte. Ma la richiesta proveniente dal mondo cattolico sarebbe al momento considerata irricevibile dal premier, perché non offrirebbe nessuna garanzia: dimissioni per marcare una discontinuità netta e Conte-ter con una legittimazione politica dei nuovi ingressi.
“Avessimo due settimane per trattare sarebbe fatta, con solo tre giorni e con il weekend di mezzo è una corsa contro il tempo”, dice un esponente del governo. Ma l’ipotesi è talmente concreta che giovedì sera se ne è discusso all’assemblea dei gruppi M5s, che hanno iniziato ad agitarsi. Non piace l’idea delle politiche per la famiglia appaltate ai cattolici, e fa storcere il naso anche che l’Agricoltura sia concessa a qualcuna delle new entry, i fondi che si troverà a gestire con il Recovery plan fanno gola a molti. “Se cambiamenti ci devono essere, allora dovete ridiscutere la squadra intera, ma anche con noi”, il mandato consegnato dai parlamentari a Vito Crimi e Alfonso Bonafede. Nel mirino Nunzia Catalfo e Paola Pisano, ma più di qualcuno ha messo nel mirino anche le Infrastrutture, nel caso di un suo scorporo dai Trasporti.
Il mercato è aperto. “Mi hanno chiamato più di cinquanta volte”, confida Gelsomina Vono, nessun posto da ministro per lei, “forse da sottosegretario”, ammette, ribadendo la propria contrarietà a votare la fiducia al governo. Si guarda a Misto, all’Udc, a transfughi di Iv perché l’operazione soccorso azzurro non sta dando i propri frutti. Goffredo Bettini continua a tenere cordiali rapporti con Gianni Letta, e contatti con il plenipotenziario di Silvio Berlusconi ci sarebbero stati anche da parte dello stesso Conte, trovando per il momento una strada impraticabile. “Sono stato contattato da un collega del Pd, che mi ha tratteggiato la possibile svolta liberale del nuovo governo”. Lo dice e sorride ironico Andrea Cangini, che ammette di essere stato pungolo critico negli ultimi mesi all’interno di Forza Italia, ma nega decisamente un suo coinvolgimento. “Non prevedo smottamenti, anche tra i colleghi che come me hanno mosso rilievi”, aggiunge. Se ci saranno addii, saranno al massimo uno o due, la previsione. Che sommati alle altre teoriche fuoriuscite andrebbero a irrobustire il pallottoliere di D’Incà.
L’operazione è quella di far confluire più senatori possibili nella nuova componente del gruppo Misto di Palazzo Madama, denominata Maie-Italia 23 di cui si accennava prima, che per ora conta 5 esponenti: Fantetti, Cairo, Merlo, Buccarella e Saverio De Bonis, eletto con i 5 stelle e tra gli animatori più vivavi della campagna di reclutamento, al punto che anche lui sarebbe in lizza per sostituire Bellanova all’Agricoltura. “Sarebbe fondamentale l’Udc, sia perché porterebbe in dote il simbolo e dunque la possibilità di costituire un gruppo a Palazzo Madama, sia perché sarebbe funzionale al progetto di più lungo termine”, dice un senatore di maggioranza. Un progetto che vedrebbe nella costituenda pattuglia la base parlamentare del partito di Conte. “Il premier – dice chi lo conosce bene – punta alla costruzione di un gruppo a forte vocazione europeista, magari ispirato al Partito popolare europeo, che possa essere la quarta gamba della nuova maggioranza”.
Per scongiurare lo smottamento, dei suoi e di possibili responsabili, Renzi ha fatto trapelare che Italia Viva con tutta probabilità si asterrà o non parteciperà al voto. Una mossa che porterebbe a non drammatizzare la situazione costringendo a scegliere gli indecisi da che parte stare. Perché in quel caso il governo la spunterebbe per una decina di voti, forse quindici, ma senza arrivare alla maggioranza assoluta dei 161, ma sarebbe politicamente in enorme difficoltà, dovendo comunque fare i conti con Italia viva per la costruzione di una nuova possibile maggioranza. “Se Renzi si muovesse così ci farebbe un favore – dice un esponente di governo – guadagneremmo qualche altro giorno, Mattarella permettendo”. Che lo permetta non è affatto scontato. Ma prima c’è un lungo fine settimana di trattative, da cui cilindro estrarre i costruttori necessari a scongiurare le dimissioni e a tagliar fuori l’ex rottamatore.
L’HUFFPOST
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