Conte ter fermo a 152 voti, i “responsabili” costano troppo: «A noi 2 ministeri»
di Emilio Pucci
Pagare moneta, vedere cammello. I responsabili non ci pensano proprio a passare per polli, hanno chiesto al premier Conte di vedere subito le carte, di non fermarsi alle promesse. Anche perché il Pd e M5S non ci pensano proprio a stendere un tappeto rosso ai ‘volenterosi’ che potranno anche chiamarsi ‘costruttori’ ma non sedersi nella sala dei ministri di palazzo Chigi.
Per tutta la giornata è andato avanti un tira e molla sui numeri di palazzo Madama. Ora anche tra i più ottimisti tra i rosso-gialli abbassano l’asticella. Al momento sono 152 i sì previsti per il voto di fiducia decisivo al Senato. E’ vero come dice il costituzionalista dem Ceccanti che non servono i 161 ma andare sotto quella soglia rappresenterebbe un problema politico. Tesi ripetuta nel Pd, in M5S e in Leu, ma sposata anche dal premier che anche ieri ha avuto diversi contatti per preparare la conta. I responsabili non si fidano, vogliono dal presidente del Consiglio un atto concreto, gli hanno consigliato di recarsi al Quirinale per rassegnare le dimissioni, far partire le consultazioni e arrivare in Parlamento con un nuovo esecutivo. Una sorta di aut aut non tanto sui tempi, quanto sui contenuti della manovra anti-Renzi.
Potere contrattuale
Conte
non pensa di ricucire con il leader di Iv che ha mandato segnali
distensivi annunciando l’astensione (ma il piano B è quello di uscire
dall’Aula) e allora il potere contrattuale dei ‘volenterosi’ aumenta.
«Conte si deve dimettere e formare un nuovo governo», dice Tabacci.
«Nessuno faccia scherzi. Non siamo i polli di Renzi. Attenti cari Conte e
Zingaretti, lunedì potreste avere sorprese. Noi siamo responsabili ma
non fessi. Il figliuol prodigo ritorna. Nessun vitello grasso. Alcuni di
noi sono a dieta», dice senza peli sulla lingua Mastella.
E allora
senza un’offerta vera (si parla dell’ex M5S De Bonis all’Agricoltura e
della centrista Binetti alla Famiglia) i numeri restano in bilico. Sono
92 i senatori del Movimento 5Stelle, 35 del Pd, 8 delle Autonomie ma tra
i 17 esponenti del gruppo misto non sono previsti per ora voti
aggiuntivi. Ieri è stata annunciata la componente Maie-Italia23, «per
costruire uno spazio politico che ha come punto di riferimento Giuseppe
Conte». Ma si tratta sempre di Merlo, Fantetti, De Bonis e Cario che
hanno fondato un’associazione che potrà fungere da ‘ponte’. Ai quattro
si è aggiunto l’ex pentastellato Buccarella che comunque votava già per
la maggioranza. Contatti in corso con altri ex pentastellati come
Ciampolillo e Martelli. Altri nomi? I senatori a vita Rubbia e Piano.
Altri ancora? Per ora no, perché tra i renziani in sofferenza –
Comencini, Grimani, Vono, e Carbone in primis – nessuno al momento è
disposto a tradire il leader. Altra cosa se saranno costretti a cadere
in un precipizio. Ragionamento che da tempo porta avanti Nencini che è
il più attivo nel cercare una ricomposizione tra Conte e Renzi. «Sono
perplessa. Le cose potrebbero cambiare solo se ci fosse un fatto nuovo
nella maggioranza, come l’ingresso dell’Udc», osserva la capogruppo del
Misto, De Petris.
Clima preoccupato
Ieri dunque il clima non era euforico come quello che si respirava giovedì. «E’ una corsa contro il tempo», afferma De Bonis, «dobbiamo essere almeno in 12 al Maie, serve un colpo d’ala».
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